La paghetta, rito intramontabile che resiste in otto famiglie su dieci

La «mancetta» dei genitori resta in voga nel Bresciano. Ora anche in forma digitale con le carte «prepagate»
Qualche euro per cominciare a contare i soldi fino ad arrivare al concetto di investimento per il futuro - © www.giornaledibrescia.it
Qualche euro per cominciare a contare i soldi fino ad arrivare al concetto di investimento per il futuro - © www.giornaledibrescia.it
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Un tempo ci si comprava il biglietto per il cinema, un’aranciata e le patatine all’oratorio, oppure un settimanale in edicola. I più parsimoniosi la accumulavano per acquistare l’oggetto del desiderio di quella stagione o per spenderla nei momenti critici. La «paghetta», o «mancetta» per i bresciani, erano quelle cinque o diecimila lire (chi scrive è nata all’inizio degli anni Ottanta) allungate dal nonno di nascosto da mamma e papà o elargite dai genitori per essere stati bravi, sono sempre state fonte di gioia e stimolatrici di sogni.

Una pratica che, nonostante il passare degli anni e delle abitudini dei bimbi e dei ragazzi, sembra resistere: secondo l’Osservatorio Sara Assicurazioni 8 bresciani su 10, contro i 7 in Italia, la vedono come «un utile strumento per permettere ai più giovani di fare spese in autonomia e responsabilizzarli sul valore del denaro, avvicinandoli ad una gestione consapevole».

E qui ci si divide perché di quell’80% che dice sì alla «mancia», una parte decide di elargirla caricando carte prepagate controllando regolarmente il saldo. L’esperta. Qual è il modo migliore per gestire questi soldi? Prima di tutto, è educativo darli? E se sì, meglio legarli a quell’«essere bravo» di un tempo, a un aiuto casalingo oppure stabilire una cifra e basta?

Lo abbiamo chiesto alla psicologa e psicoterapeuta di Montichiari Francesca Ferronato: «Importante sono continuità, chiarezza e - spiega - regole precise. Ogni età è diversa, ma bisogna stabilire subito se questi soldi dovranno essere usati anche, ad esempio, per il gelato quando si esce insieme, oppure solo per gli extra come giornali, cinema e uscite con gli amici ecc...». La pratica della «paghetta» è promossa: «Può aiutare a creare nel bimbo la differenza tra bisogno e desiderio.

Questa generazione infatti è abituata ad avere tutto e subito, è più difficile desiderare dato che ci sono i nonni pronti a soddisfare le richieste, poi Santa Lucia e i compleanni. La paghetta quindi aiuta a desiderare qualcosa di più e ad allenare il senso dell’attesa che i bambini non hanno più, e nella vita non avranno tutto e subito - continua -. Giusto per fare un esempio, noi eravamo abituati ad aspettare i cartoni in tv alle 16, ora ci sono canali che li trasmettono sempre».

Dare dei soldi da gestire, secondo la psicoterapeuta, dà anche la possibilità al bimbo e al ragazzo di dare un valore ai soldi, a non pretendere l’ultimo modello di telefono costosissimo o il tal marchio d’abbigliamento. Per un bimbo piccolo quindi i pochi spicci possono insegnare a contare e poi, con la crescita, la gestione. Da qui l’autonomia, altra parola chiave, nell’interfacciarsi con un adulto, a dire «sono padrone delle mie cose - spiega Ferronato - perché me le sono guadagnate». Non solo:il bimbo imparerà anche a gestirli meglio, non solo a pensare a come spenderli, ma anche mettere in atto strategie per farli fruttare al meglio, ad aspettare saldi e promozioni.

E, come si diceva prima, ad aspettare. Attenzione però a legare la paghetta ai servizi casalinghi, avverte Ferronato«Non deve essere un ricatto: mettere in ordine la camera o aiutare perché si è membri della stessa famiglia, sono aspetti di base, sono diversi dai lavoretti extra per guadagnarsi qualche soldino in più».

Il consiglio quindi è quello di predisporre un salvadanaio dove custodire le monetine, e così si può partire da piccoli, poi, dalle elementari, si può passare alla paghetta». Da qui, mano a mano che i resti si accumulano si può anche introdurre il concetto di risparmio:«è bello - continua la psicoterapeuta - custodire i risparmi in un libretto e spiegare al bimbo che serviranno per i progetti che avrà da grande».

Il risparmio

Questi gruzzoletti si sommano ai soldi donati da parenti e amici per battesimi, cresime e compleanni. Qui ci viene ancora in aiuto lo studio dell’Osservatorio di Sara Assicurazioni: il 51% dei bresciani li allontana dai desideri effimeri di bimbi e adolescenti e pensa al futuro gestendo i risparmi dei figli con forme di accantonamento: il 35% dei bresciani ha stipulato polizze per il risparmio e piani di accumulo anche di tipo previdenziale (il 31% in Italia), il 22% (il 26% in Italia) si è affidata al classico libretto di risparmio e il 10% (14% italiano) al mattone.

Un 37% dei bresciani pensa a una polizza vita per proteggere i propri cari. Se qui le strade si dividono si riuniscono quando si parla di età perché la maggior parte, l’80%, agisce quando i figli sono minorenni (il 55% addirittura prima dell'adolescenza). Gli studi e la formazione sono la prima ragione per iniziare a risparmiare e investire per loro (41%). Segue l’acquisto della casa (22%). Per un 10% l’obiettivo è incrementare la loro futura capacità di spesa, mentre uno su quattro (27%) vorrebbe creare per loro un tesoretto a cui possano attingere in caso di spese impreviste.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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