La Loggia vuole capire cosa fare delle aree dismesse di Brescia

L'assessora Tiboni ha parlato di un «percorso» dedicato agli 800mila metri quadrati abbandonati tra ex fabbriche, case e negozi
Le aree industriali dimesse in via Stefana - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
Le aree industriali dimesse in via Stefana - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
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Aree dismesse da rigenerare: un tema che sta a cuore a Brescia, a partire dai consiglieri in Loggia. Da qui l’idea di «iniziare un percorso» - usando le parole dell’assessora alla Rigenerazione urbana Michela Tiboni - che si svilupperà nelle sedute della commissione Urbanistica, con l’obiettivo di delineare precisamente la situazione in città e ragionare sulle azioni da mettere in atto per cercare di far ripartire le zone critiche.

Non è la commissione speciale sulle aree dismesse chiesta dal centrodestra, ma un punto di partenza per provare a capire cosa fare con i circa 800mila metri quadrati abbandonati a Brescia: non solo quelli delle ex fabbriche, sui quali pesano le operazioni di bonifica, ma anche quelli utilizzati per soluzioni abitative o commerciali.

Il nodo dei privati

«Nella quasi totalità dei casi si tratta di aree private - precisa Tiboni -: se si trovano in questa situazione è perché qualcuno ha smesso di utilizzarle. Certamente l’Amministrazione si deve interrogare su come favorire il loro riuso, ma prima di tutto ci deve essere la volontà da parte di chi detiene la proprietà di queste aree e di questi immobili di riutilizzarli. Noi non possiamo pensare di espropriare e acquisire un’enormità di ettari, accollandoci l’onore - che si riverserebbe sui cittadini - di farci carico del destino di queste superfici».

Costi e attrattività

Il nodo è sempre quello: chi paga? E c’è chi è intenzionato a investire a Brescia? Domande che ha posto anche il leader dell’opposizione Fabio Rolfi dopo aver chiesto (e ottenuto) una seduta per affrontare il caso Tintoretto. «Qual è il grado di attrattività della città? - domanda Rolfi -: È importante capire come siamo percepiti fuori dai nostri confini, perché il recupero di aree così vaste richiede sforzi molto impegnativi. Dovremmo poi capire che percezione ha la città di se stessa: ad esempio, in una zona in fase di rigenerazione come quella di via Milano anche i privati hanno deciso di intervenire?».

Sollecitazioni che hanno portato a una riflessione sul tema pubblico-privato anche il consigliere del Pd Andrea Curcio. «Credo che il lavoro spetti prima a noi e i privati debbano venire in un secondo momento - sottolinea -. Le esigenze della città non sempre si sposano con le esigenze degli investitori, ossia massimizzare i profitti. Le rigenerazioni delle immobiliari internazionali sono belle, ma portano a una fuga dalla città dal ceto medio in giù: ne è un esempio Milano e sono convito che si debbano adottare politiche per evitare che Brescia vada in questa direzione».

Il piano strategico

È importante dunque capire qual è il nuovo orizzonte della pianificazione urbanistica. «Voglio prima lavorare su un piano strategico che, ovviamente, sarà portato in Consiglio comunale e che definisca che strada vogliamo prendere, così da adeguare poi il Piano di governo del territorio (Pgt)», spiega l’assessora Tiboni.

Alla commissione Urbanistica spetterà dunque dare gli indirizzi per elaborare il piano: Tintoretto e caserme per prima cosa, con la questione dell’asta per la Ottaviani già emersa insieme a qualche mugugno. «Se costa davvero 2,5 milioni di euro alzerei la mano pubblica e inizierei a pensare se vale la pena o meno investire in quella direzione», commenta il segretario cittadino del Pd Roberto Cammarata. Un’uscita che non è piaciuta troppo a Tiboni: «Io vengo a riferire se sono in grado di rispondere - ribatte -, diversamente verrò solo ad ascoltare».

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