La linea degli «zero nuovi contagi» a Brescia è ancora lontana

Per il direttore di Ats Brescia, Claudio Sileo, per almeno altri quattro mesi si troveranno nuovi positivi. Cresce la capacità di fare tamponi
SILEO: "NESSUN NUOVO FOCOLAIO"
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La linea degli «zero nuovi contagi», nel nostro territorio, si sposta sempre più avanti, ammesso che possa mai essere raggiunta in assenza di un vaccino contro il coronavirus. A inizio aprile lo stop ai nuovi casi a Brescia era dato per imminente da Arnaldo Caruso, virologo del Civile, ma le cose sono andate diversamente. In seguito l'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell'Università Cattolica di Roma, coordinato da Walter Ricciardi, ha spiegato che per vedere l’assenza di nuovi contagi avremmo dovuto aspettare la fine di giugno, ipotesi rettificata poi con metà agosto

Ora è il direttore dell’Ats Brescia, Claudio Sileo, a spiegare che «per almeno altri quattro mesi» si troveranno nuovi positivi, «visto che il virus circola ancora». Quattro mesi che ci porterebbero diretti all’autunno, periodo in cui è lecito aspettarsi una seconda ondata di contagi. Hans Kluge, direttore dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per l'Europa, ha dichiarato in un’intervista al Telegraph che potrebbe essere peggiore della prima, invitando i paesi europei a prepararsi rafforzando i propri sistemi sanitari, «così come le capacità dei loro ospedali, del pronto soccorso e delle unità di terapia intensiva». Per Sileo, però, un ritorno di nuovi focolai dopo l’estate sarebbe più gestibile rispetto a quanto abbiamo visto tra febbraio, marzo e aprile, in cui Brescia, Bergamo e in generale la Lombardia sono state colpite da una «catastrofe sanitaria», come l’hanno definita i medici stessi.

«Una eventuale recrudescenza in autunno non avrà le stesse conseguenze - sostiene Sileo -. A febbraio siamo stati colti di sorpresa, senza alcuna informazione. Se ripartirà, la curva sarà più dolce perché abbiamo la capacità di contenerla».

 

PAROLA D'ORDINE: CAUTELA

 

La strategia ribadita più volte dall’Oms è riassunta nelle tre t, vale a dire «test, trace and treat» (testare, tracciare e curare). Se sulla capacità di trattare i malati sono stati fatti passi in avanti, per il tracciamento bisognerà aspettare l’entrata in funzione dell’app Immuni, attiva dall’8 giugno nelle regioni pilota e dal 15 in tutto il Paese, contando sul fatto che almeno il 60-70% degli italiani la scarichino. Perché l’app sia utile, però, vanno fatti sempre più test.

Tornando al contesto bresciano, i tamponi fatti dallo scorso 21 febbraio sono 94.340, tutti a carico del sistema sanitario regionale. Sileo spiega che nel pieno dell’epidemia, quando gli esami erano effettuati in maniera esclusiva alle persone ricoverate in ospedale, il tasso di positività era al 68%, mentre ora è sceso al 2%. Oltre alle misure di contenimento fondamentali per rallentare il virus, su quest’ultimo dato influisce anche il fatto che sia stata ampliata la platea delle persone controllate. Si tratta di pazienti segnalati dai medici di base, dei contatti di un caso positivo, oltre che di malati che, una volta spariti i sintomi, vengono sottoposti a doppio tampone. Per i casi più urgenti l’attesa è «al massimo di 48 ore», mentre per gli altri è di «pochi giorni di più». La capacità di processare i tamponi è stata a lungo inferiore alle necessità, come denunciato da più parti, ma a Brescia attualmente «non ci sono più problemi di reagenti e nemmeno di disomogeneità tra metodi differenti seguiti dai laboratori», sottolinea ancora Sileo. Ad occuparsi delle analisi c’è l’Istituto zooprofilattico, l’ospedale Civile, il Synlab oltre ad altri laboratori coinvolti in misura minore, come quello della Poliambulanza. Dalla prossima settimana entrerà in scena anche il Gruppo San Donato.

Ai 94mila tamponi pubblici vanno poi aggiunti quelli effettuati ai privati che da metà maggio si sono sottoposti al test sierologico a pagamento e che sono stati trovati positivi. Su questi un dato complessivo ancora non c’è.  

Allargando lo sguardo all’intera Lombardia, i tamponi da quando è scoppiata la pandemia sono 777.477 su 458.782 casi testati, mentre in Italia il dato è di 3.999.591 di analisi su 2.497.337 casi. «Da inizio crisi sono stati somministrati in media 39.500 tamponi al giorno, a maggio in media 61mila al giorno - ha dichiarato oggi il commissario Domenico Arcuri -. Obiettivo era far crescere stabilmente questo numero fino a 84mila al giorno, lo abbiamo superato e ne potremo fare 89mila al giorno, +47% su maggio. E 9,9 milioni di prodotti tra reagenti e kit saranno acquistati e messi a disposizione delle Regioni. In Lombardia passeremo da 12.159 a 21.336 tamponi al giorno. Al 31 dicembre il 28% degli italiani sarà stato sottoposto a tampone, ove necessario».

E gli zero nuovi contagi? Se per Brescia e per l’intera Lombardia l’obiettivo è ancora lontano, oggi i casi in regione sono 84, per diverse aree d’Italia è già una realtà, anche se da consolidare nelle prossime settimane. Si tratta di Sicilia, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Sardegna, Valle d’Aosta, Calabria, Molise, Basilicata, a cui si aggiungono le province autonome di Trento e Bolzano. Il che non vuol dire che la situazione non resti delicata, a maggior ragione ora che non ci sono più restrizioni alla circolazione e che le attività hanno (quasi) tutte riaperto. Il virus circola, per citare Sileo, e non è meno pericoloso: nella nostra provincia farà parte della quotidianità ancora a lungo.

 

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