La ladra che fingeva di essere una mamma
«Mi spiace perché la prossima volta, invece di fermarmi per aiutare qualcuno, tirerò dritta». Dispiace anche per i soldi, 600 euro sono un bel bottino per chi li ruba e una bella botta per chi li vede sparire. Ma il furto subito ha amareggiato Silvia per la fiducia tradita. Racconta l’episodio sorridendo quasi, anche se l’arrabbiatura non le è mica passata, anzi. Silvia percorre ogni giorno la strada tra Cellatica e Brescia per lavoro. Giovedì pomeriggio, attorno alle cinque e mezza, vede una ragazza sui venticinque anni che si sbraccia in mezzo alla via, all’altezza del cimitero di Cellatica, perché vuole un passaggio verso Ponte Crotte. «Non posso, devo andare a Gussago», risponde Silvia. Ma l’altra insiste: «Per favore, devo andare a recuperare la mia bambina». Tocca la corda giusta. «Sali».
In auto la ragazza è scatenata. Vuole fumare, ha freddo, ha caldo, cambia le stazioni della radio, abbassa l’audio, alza l’audio, si sbraccia, mette un maglione. Un circo: «Era molto agitata». Dalle cuffie che la ragazza porta al collo, formato maxi, esce la musica di Ligabue ad un volume esagerato, la situazione diventa surreale fino a quando di colpo la passeggera chiede di essere lasciata sul marciapiede, prima di ponte Crotte. «Ciao ciao», sembra tutto ok. Invece no, mentre viaggia verso casa Silvia riceve la telefonata dei genitori: «Hanno trovato la tua carta d’identità per strada». Controlla la borsa, appoggiata sul sedile posteriore: il portafoglio è sparito. Rivede il film, capisce a cosa serviva quello show, ma è troppo tardi. I soldi se ne sono andati, l’unica carta che le resta in mano è quella della denuncia fatta ai carabinieri.
Emanuele Galesi
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