La città prova a cercare riparo, il regime si mobilita

Sirene e campane per dare l’allarme o segnalarne la fine: tutte le disposizioni per contenere vittime e danni
Staffette di vigilanza. Pattuglie in moto della Protezione antiaerea - Foto ASBs
Staffette di vigilanza. Pattuglie in moto della Protezione antiaerea - Foto ASBs
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Per chi ha vissuto i bombardamenti di Brescia, un ricordo, uno solo, è sufficiente a dipanare la matassa della memoria: il marmo crepato del tavolo della cucina per l’onda d’urto dello scoppio della bomba, un giocattolo, il ronzio di Pippo, l’odore acre dello spezzone incendiario, la sirena. Spesso si fa i conti con il ricordo delle norme da osservare in caso di allarme, segnalato dal suono delle sirene in sei riprese consecutive della durata di 15 secondi o delle campane a martello.

Mantenere la calma, «socchiudere» i portoni, abbassare le saracinesche, spegnere o occultare ogni luce sono le disposizioni generali a cui attenersi nell’immediato. Trovandosi nelle strade, va cercato rifugio in un ricovero, in un portone o in un porticato e «se si è in periferia, in campagna». «Mamme! - si legge in un affisso murario - pensate in tempo ai vostri bambini! Cercate con comodo un posto in campagna ove portare le vostre creature al primo intorbidirsi del cielo».

Dopo i raid del luglio 1944, gli effetti delle bombe cadute in quella che allora si chiamava piazza Duomo - Archivio Centro Studi Rsi
Dopo i raid del luglio 1944, gli effetti delle bombe cadute in quella che allora si chiamava piazza Duomo - Archivio Centro Studi Rsi

I Ronchi - dal 18 luglio 1943 - sono vietati come alternativa ai rifugi pubblici, così pure i giardini di viale Venezia, di via XX Settembre e di via dei Mille. Abbandonare subito i mezzi di trasporto e «se cadono bombe e non vi sia possibilità di vicino rifugio distendersi a terra presso gli edifici gambe divaricate, braccia sulla testa».

I fari delle auto vanno anneriti o oscurati con una cuffia speciale, quelli dei cicli verniciati di azzurro. I cofani e i parafanghi anteriori e posteriori degli autoveicoli e degli automezzi sono da verniciare di bianco entro il 22 giugno 1940. In piazza Carducci viene istituito uno speciale servizio di verniciatura. In via San Faustino al civico 38 si possono acquistare le maschere antigas. Capifrabbricati e Unpa. A vigilare sono principalmente i capifabbricato, considerati pubblici ufficiali, con uomini e donne dell’Unione nazione protezione antiaerea (Unpa), quest’ultime facilmente riconoscibili dalla divisa azzurra con sul petto un piccolo rettangolo colorato con la scritta Unpa e sul braccio sinistro il segno della Croce Rossa.

Test della maschera. Esercitazione antigas dell’Unpa in piazza Vittoria // FOTO ASBs
Test della maschera. Esercitazione antigas dell’Unpa in piazza Vittoria // FOTO ASBs

Il loro posto è all’aperto «senza tener in nessun conto quel che vien giù dal cielo». Materiale illustrativo di ogni tipo è distribuito in ogni fascia della popolazione. Un suono continuo di due minuti di sirene o campane segnala il cessato allarme. La vita riprende nonostante i bombardamenti, dura lezione di sangue, di rovine. Ma anche di solidarietà: un sentimento che più delle lacrime animerà i primi anni della ricostruzione.

 

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