"La carne di cavallo non è nostra"

Le aziende bresciane, dopo il caso delle lasagne coon carne equina non dichiarata in etichetta, si difendono
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«Siamo sicurissimi che la carne di cavallo non possa essere entrata nella nostra azienda». Parla Luigi Borno, titolare della ditta «Dia» di Calcinato, a pochi giorni dalla visita dei Nas nei suoi stabilimenti, scaturita dopo che nelle confezioni di lasagne sequestrate in un supermercato dell'hinterland e prodotte da un'azienda bolognese della quale la Dia risulta fornitrice, è stata rinvenuta traccia di carne equina non dichiarata in etichetta.

L'imprenditore bresciano respinge ogni responsabilità. «Nella nostra ditta entrano in prevalenza carni di tacchino, pollo e suino e solo in misura minore manzo - precisa Borno -. Mai trattato invece carne di cavallo». Non sussisterebbe secono il titolare della Dia neppure l'ipotesi di una contaminazione del macinato nel corso dei processi di tritatura, di cui l'azienda, attiva dal 1992 e forte di una sessantina di dipendenti, si fa carico dopo aver acquistato i tagli di carne dai suoi fornitori.

Da Calcinato chiariscono inoltre, anche attraverso un comunicato pubblicato lunedì sul sito dell'azienda, come per la produzione del lotto di lasagne incriminate della «Primia» di San Giovanni in Persiceto (Bo), possano essere stati utilizzati anche altri ingredienti, oltre al macinato bovino bresciano, facendo supporre dunque che la carne equina possa essere finita nella confezione di lasagne attraverso un'altra componente della filiera.

«Quando i Nas sono stati da noi - continua Borno - hanno potuto verificare dalla documentazione fornita che la carne che abbiamo venduto in ottobre all'azienda bolognese fosse di solo bovino».
Sotto sequestro, per la campionatura ed ulteriori accertamenti, sono stati posti quindi altri tagli di carne provenienti dalle stesse aziende da cui la Dia si era rifornita nei mesi scorsi (la «Dipar» di Cazzago San Martino e la «Ripamonti Carni» di Oggiono, nel Lecchese). Accertamenti che comunque non dovrebbero portare alcuna sorpresa secondo la «Dia». «I tagli di carne sono interi e dunque ben distinguibili - spiega il titolare dell'azienda di Calcinato -. É evidente che si tratti di bovino e non di cavallo».

A sua volta i responsabili della «Dipar», che i Nas hanno visitato sabato mattina, si dichiarano estranei ad ogni irregolarità, affermando di aver fornito ai militari tutti i certificati che dimostrerebbero come a loro volta si fossero riforniti, da una ditta di Piacenza, di sola carne bovina. «Siamo tranquilli - dicono da Cazzago - perché tutto ciò che entra nella nostra azienda è tracciato da precisa documentazione. Qui non si macella né si macina la carne e in ogni caso nei nostri due laboratori non trattiamo cavallo». Le irregolarità, stando a quanto spiegano dalle aziende bresciane sarebbero tutte da ricercare altrove, forse in un lotto di carni arrivato a Bologna dall'estero. Ma per le conferme ufficiali si attendono ancora i risultati delle analisi in carico all'Istituto zooprofilattico, che dovrebbero essere comunicati martedì.

Elementi che saranno utili ai Carabinieri del Nas di Brescia, coordinati dal comandante Giuseppe Scaletta, per ricostruire con esattezza la vicenda ed individuare così, risalendo la filiera, i responsabili della falsa etichettatura, che rischiano un'accusa per frode in commercio.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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