La cannuccia di carta in un mondo di plastica

Come se non bastasse il caldo apocalittico a rendere tutto più complesso
Cannucce (di carta)
Cannucce (di carta)
AA

Fa caldo, molto caldo, infinitamente troppo caldo. Personalmente vorrei passare tutta la giornata con i piedi in un catino pieno di acqua ghiacciata gustando una granita al tamarindo. La vita è però ingiusta (financo ingrata) e quindi mi tocca lavorare, con abnegazione certo, ma sognando lidi mentalmente ristoranti. L’afa apocalittica mi porta a perdere il mio proverbiale aplomb (del resto il mio habitat ideale sarebbe un antico castello nello Yorkshire), così anche i piccoli inciampi del quotidiano riescono a destabilizzarmi.

Le cannucce di carta sono al primo posto tra i miei nemici giurati dell’estate nella morsa di Apocalisse (avrete notato con che capacità retorica mi esprimo, mi scuso per la vanagloria). Non parlo di cannucce qualsiasi, ma nello specifico di quelle dell’Estathé.

Punto primo: quella dannata cannuccia non riesce neppure a forare la copertura del bricchetto, si affloscia sfinita già al secondo tentativo; secondo: l’attività perforante dev’essere affidata a una chiave, un gesto di un’ineleganza raccappricciante; terzo: giunta all’interno la cannuccia si abbandona a un collasso strutturale che non consente di aspirare tutto il contenuto; quarto, riflessione finale: ma se volete salvare il mondo, se volete insegnarci a essere più green, se ci vorreste delle clonazioni di Greta Thunberg (che lei, manco a dirlo, berrà il tè nella borraccia in alluminio), ecco, allora io mi chiedo, senza fare polemica che già si suda, perché avete lasciato il brick (la stragrande maggioranza del prodotto) in plastica? Non solo, la cannuccia è in una bustina di plastica. Per me c’è dolo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato