La bella al fosso e la coda dell'asino
Davvero gran cosa il linguaggio. È la bacchetta magica che trasforma un gesto in cultura, che prende la più semplice delle attività materiali e la fa diventare metafora di vita. Esempi di questa affascinante magia ce n’è millanta, anche nel dialetto bresciano.
Scopriamo allora che lavare i panni è ben più di una ordinaria attività domestica. Quel che in italiano è il bucato in dialetto cambia genere e diventa la bögàda. Qualche dizionario etimologico collega il nostro termine ad una radice che significa immergere e che si ritrova anche nel tedesco beuchen (fare lisciva) e nell’inglese bucket (secchio). Sta di fatto che fare il bucato a mano era un’operazione tutt’altro che rilassante. E se dite g’hó fàt una bèla bögàda intendete proprio ho fatto una gran fatica.
Non solo. Il nostro lettore Giuseppe da Visano ci ricorda il modo di dire t’hó dàt una resentàda. Il verbo resentà significa risciaquare ma non ha un corrispettivo diretto in italiano. Lo si ritrova nei dialetti veneto e milanese (La bèlla la va al fosso / al fosso a resentàr...) e addirittura nel siciliano arricintàri. Alle spalle c’è verbo intransitivo latino recentàri che significa rinnovarsi, cominciare di nuovo. Risciaquare a mano però lo si fa strizzando e sbattendo ripetutamente e vigorosamente i panni: se l’oggetto della brusca resentàda siete voi, allora preparatevi ai dolori.
Non sempre, poi, la bögàda vale la candela. Succede infatti che a laà la cùa a l’àsen sa zónta l’acqua e apó ’l saù (lavare la coda all’asino è inutile, significa gettare acqua e sapone). Metafora di vita.
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