L’Ancella suor Lucia sarà beata: la vita al servizio del prossimo
Il vescovo Pierantonio Tremolada ha dedicato la sua prima lettera pastorale alla santità, ha voluto dire con forza che la santità non è qualcosa di straordinario e di irraggiungibile, ma anzi è uno stile di vita possibile, una strada che chiunque può percorrere. La beatificazione di suor Lucia dell’Immacolata è esemplare anche da questo punto di vista. Perché la vita di Maria Ripamonti (questo il suo nome prima di diventare una religiosa delle Ancelle della Carità) è stata interamente spesa al servizio del prossimo, sempre e instancabilmente, anche quando ormai la malattia l’aveva fiaccata nel fisico, ma non certo nello spirito.
Quella di Maria Ripamonti è stata una vita breve, essendo morta quando aveva soltanto 45 anni, ma il suo ricordo è indelebile. Quella donna dal sorriso mite e accogliente verrà proclamata beata, la cerimonia (rinviata di oltre un anno per la pandemia) verrà celebrata sabato 23 ottobre alle 10 in Cattedrale, sarà presieduta dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei santi e delegato pontificio.
La vita
Maria Ripamonti è nata ad Acquate in provincia di Lecco il 26 maggio 1909. Il 15 ottobre 1932 è entrata nella Casa madre delle Ancelle della Carità a Brescia dove ha iniziato il periodo di preparazione alla vita religiosa. Dopo il noviziato e i voti semplici, il 13 dicembre 1938 ha professato i voti solenni. Lì è rimasta fino ai primi sintomi della malattia nel maggio 1954. Muore di tumore al fegato il 4 luglio 1954 a 45 anni, pochi giorni prima era stata canonizzata la madre fondatrice delle Ancelle della Carità. Il 4 ottobre 1991 mons. Bruno Foresti, allora vescovo di Brescia, nominò mons. Rolando Zera, postulatore della Causa di canonizzazione di suor Lucia dell’Immacolata: è l’inizio ufficiale del percorso. Dal 1991 la Causa è stata affidata alla postulatrice, suor Paolisa Falconi delle Ancelle della Carità.
Per la Chiesa cattolica l’esistenza di suor Lucia è stata esemplare, il miracolo avvenuto per sua intercessione certifica che merita gli onori degli altari. Lunedì 13 maggio 2019 papa Francesco ha promulgato il decreto riguardante, appunto, il miracolo attribuito all’intercessione della venerabile serva di Dio Lucia dell’Immacolata. «La fama di santità che ha accompagnato la vita della Serva di Dio, si manifestò anche al momento della sua morte - si legge nella Positio super vita, virtutibus ed fama sanctitatis (il volume della Causa) -. Le persone che l’hanno conosciuta attratte dal fascino della sua santità, hanno attestato la sua profonda coerenza tra l’essere e l’agire, il suo vivere quotidiano lontana da ogni forma di superficialità o apparenza. La fama di santità è andata crescendo con il tempo e anche oggi è ancora ben visibile. Molte sono le persone che la pregano e ottengono, per sua intercessione, grazie spirituali e materiali».
Centinaia le testimonianze raccolte, 36 quelle ufficialmente entrate nel processo di canonizzazione: «Tutti loro hanno sottolineato la sua eroica fortezza; sono stati edificati della semplicità della Serva di Dio, della sua umiltà, presi dal fascino della sua vita straordinaria nell’ordinario. Tutti i testimoni sono persone credibili, sobrie e veritiere nelle loro deposizioni, ben motivate».
Maria Ripamonti era nata in una famiglia numerosa e povera, «importante è stata la sua presenza specie in famiglia dove ha servito tutti, donna forte, dinamica e volitiva che ha accompagnato i fratelli e sollevato i genitori, affaticati e stanchi, anche se questi non hanno condiviso la sua scelta vocazionale». Sorella Lucia, coadiutrice addetta alle spese quotidiane, nel servizio costante alle consorelle e ai sacerdoti della foresteria «ha saputo dimostrare una santità luminosa e comunicativa secondo il carisma di santa Maria Crocifissa di Rosa». Durante la Seconda Guerra Mondiale la Casa Madre diventa centro di accoglienza e di assistenza, sorella Lucia si impegna ininterrottamente per aiutare chiunque le chieda supporto e vicinanza.
La fama di santità l’ha accompagnata già nei suoi ultimi anni di vita, dopo la sua morte la devozione è cresciuta. Fino alla guarigione miracolosa della piccola Irene Zanfino sopravvissuta a un incidente stradale. Alla luce della «fama di santità si può sperare che l’umile e sorridente sorella Lucia, vittima di carità e riparazione, conservando l’ultimo posto per ottenere la salvezza dei lontani, possa essere proposta come modello di santità alla Chiesa». La messa di beatificazione sarà appunto celebrata dal card. Semeraro che ha un legame profondo con Brescia e san Paolo VI, proprio sulla tomba di Giovanni Battista Montini è andato a pregare dopo aver ricevuto la berretta porpora da papa Francesco. «Paolo VI - ci ha detto il cardinale Semeraro - è il santo della mia vita sacerdotale, ma è anche il santo da cui ho appreso come si ama, come si dona la vita per la Chiesa».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato