L’abbraccio del vescovo agli ucraini: «Insieme oltre il buio»
Non c’era spazio nemmeno per uno spillo ieri mattina nella sempre più splendida chiesa cinquecentesca di san Giuseppe, nell’omonimo vicolo nel centro di Brescia, dove da gennaio ogni domenica si svolge la Divina Liturgia Cattolica in rito Bizantino. C’era, quello sì, spazio per le lacrime, trattenute eppur visibili, sui volti dei moltissimi ucraini e ucraine in preghiera. C’erano, anche, le voci infantili dei moltissimi bambini, squillanti nel candore della loro tenerissima età.
La comunità
Si respirava, soprattutto, un senso di comunità, fiera e resistente alle atrocità di una guerra che sta dolorosamente segnando uno spartiacque storico anche per chi non la sta combattendo sul campo. A mezzogiorno, verso la fine della Divina Liturgia, in san Giuseppe è arrivato il vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada, accompagnato da don Roberto Ferranti, direttore della Pastorale per la Mondialità. Non è la prima volta che il Vescovo si reca in chiesa a pregare con la comunità ucraina. Lo ha fatto il 2 gennaio, quando la Diocesi ha ufficialmente consegnato la chiesa ai cattolici di rito greco-bizantino. Lo ha idealmente fatto quando ha espresso dolore e vicinanza dopo l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo.
La pace invocata
Lo ha fatto ieri, Domenica delle Palme, domenica di pace. Rivolgendosi al celebrante e ai fedeli, ha invocato a gran voce la pace. Per tutti. Non a caso, la pianta delle palme - oggi ramoscelli di ulivo - è stata scelta perché quando Gesù è entrato a Gerusalemme la folla festosa lo ha accolto proprio agitando rami di questa pianta, simbolo del trionfo del Messia secondo quella che è un’antica tradizione ebraica. «La pace deve trionfare, con l’augurio che questo periodo buio finisca al più presto» ha detto il Vescovo, applaudito. Rinnovando la vicinanza della comunità cristiana bresciana a tutti gli ucraini, in particolare a coloro che vivono accanto a noi. Il 2 gennaio monsignor Tremolada era stato nella chiesa di san Giuseppe insieme ai sacerdoti dell’Esarcato ucraino cattolico in Italia.
L’unità
Allora aveva invitato gli ucraini «a sentirsi a casa in questa nostra chiesa bresciana che ora è anche la vostra chiesa. In questi giorni difficili, per la situazione della vostra terra, desidero dirvi che la chiesa diocesana sta facendo proprie le vostre preoccupazioni per quello che sta succedendo, per le vostre famiglie in Ucraina e per tutto quello che potrebbe accadere se gli uomini non scegliessero la via della pace. Desidero pregare con voi perché il bene possa prevalere sul male».
Il male, il peggior male, sta prevalendo sul bene. Vite spezzate, atrocità subite. Il dolore, ieri, è stato lenito, come accade durante le lunghe Liturgie in rito bizantino, dai canti melodiosi. Ieri, Domenica delle Palme, non era usata la forma della Divina Liturgia di san Basilio, adottata in tutte le domeniche di Quaresima. Tuttavia, ci piace riportare uno scritto di san Basilio, a proposito del canto protagonista delle celebrazioni: «Il canto deve indurre la tranquillità dell’animo. È arbitro della pace, calmante dei pensieri tumultuosi e turbolenti; riposo dell’anima agitata, rinsavimento della dissolutezza; sostegno dell’amicizia, tratto d’unione per coloro che sono divisi, mezzo di riconciliazione tra nemici». Il santo aveva ragione: ieri, tra le antiche mura sacre, il canto è riuscito a placare l’angoscia di un popolo in guerra.
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