«Irene era in fin di vita, mi fa male non averla salvata»

Ha visto l’inferno lungo la strada verso il lavoro. E ora un pensiero fisso lo angoscia e a distanza di giorni non lo abbandona. «Non essere riuscito a fare nulla per salvare almeno la ragazza che c’era su quell’auto e che ancora respirava. Era in fin di vita, non cosciente, ma il battito seppur flebile c’era». La voce si blocca, l’emozione è impossibile da nascondere, la pausa, lunga, è necessaria anche per chi è abituato a convivere con il dolore degli altri. «Avevo già rilevato incidenti mortali in carriera, ma uno scenario del genere non mi era mai successo» racconta Andrea Pasini, 31 anni, da dieci agente della Polizia locale di Brescia.
Il primo ad intervenire
Sabato sera era sulla 45bis a Rezzato al momento del tremendo incidente costato la vita a cinque giovanissimi amici. Partito da casa a Bedizzole stava andando a prendere servizio al comando di via Donegani in città. È lui il poliziotto che l’autista del pullman Vangjel Tuslluku ha raccontato - nell’intervista al nostro giornale - di aver incontrato appena si è fermato il mezzo dopo la carambola contro il guardrail della Statale. «Ho visto il bus completamente distrutto con una persona ancora al volante. L’ho aiutato a scendere e gli ho chiesto cosa fosse successo. Mi ha risposto: "Ho fatto un frontale con un’auto". Non capivo - ricorda Pasini - dove fosse però l’auto. "Forse è scappata" mi ha detto l’autista». E invece la verità l’agente di Polizia locale la scopre pochi attimi dopo.
«Ho notato in lontananza il fumo, sono salito sulla mia macchina e ho invitato l’autista a seguirmi a piedi. Cento metri più avanti c’era un’auto completamente accorciata. Irriconoscibile». È la vettura con a bordo i cinque giovanissimi partiti dalla Valsabbia per raggiungere altri amici in un locale di Sanpolino.
Il tentativo estremo

«Da come era messa l’auto ho capito che la situazione era gravissima. Mi sono avvicinato e ho visito tre persone sui sedili posteriori. Due ragazzi erano uno sull’altro. E poi c’era una ragazza, giovanissima. Lei era in fin di vita. Ho intravisto la speranza che potesse continuare a vivere». Per l’agente di Polizia locale in quel momento in borghese, è il momento più difficile che non riuscirà mai a cancellare dalla mente. «Ho chiesto la collaborazione degli automobilisti in coda. Mi sono fatto dare dei guanti da una persona, mentre ad un’altra ho fatto spostare la sua auto in mezzo alla carreggiata per fare luce verso la vettura incidentata». I fari illuminano una scena di guerra sull’asfalto di una strada statale.
«Lo scontro con il bus è stato devastante soprattutto per chi sedeva sui sedili anteriori. Ho capito che quattro su cinque degli occupanti non erano sopravvissuti. Ho sentito il polso della ragazza, dava ancora segni di vita, ho sperato davvero di poterla aiutare. Di poter salvare almeno lei che si vedeva che era giovanissima. Quando però mi ha raggiunto una dottoressa che era pure lei in coda, abbiamo capito che anche per la ragazzina non c’era nulla da fare. È stato uno strazio». Il tutto mentre sul luogo dell’incidente non sono ancora arrivate ambulanze e forze dell’ordine.
«Avevo già chiamato i soccorsi e nel frattempo, prima che venisse inquinata la scena, ho raccolto le prime testimonianze e fatto alcune fotografie che ora il Comando della Polizia locale di Brescia è pronta a fornire ai colleghi della Polizia stradale che stanno indagando. Al volante c’era il ragazzo alto e ricciolino, quello che dai giornali ho poi scoperto chiamarsi Salah. Qualcuno parlava di sorpasso, altri di curva mancata. Di certo credo che la velocità fosse ben oltre i limiti visto che il motore è finito quasi venti metri più lontano» spiega Andrea Pasini.
«Quei minuti interminabili»
Che in quegli attimi ha dovuto governare un’altra situazione delicatissima. «Sono arrivati subito due amici dei ragazzi. Li ho tenuti lontano, non volevo che si avvicinassero e che vedessero i corpi. Così come ho tenuto a distanza l’autista che era sotto choc. Sono stati minuti interminabili». Fino a quando poi arrivano i soccorsi. «A quel punto sono andato via» spiega il 31enne che ha poi iniziato il turno al comando della Polizia locale della città. «Da agente - conclude - sono abituato ad effettuare rilievi di incidenti, ma quello che ho visto sabato è stato devastante».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
