Inchiesta Covid, gli interrogatori di Conte e Speranza: «L'ex premier ha risposto e chiarito tutto»

Così la legale di Conte, sentito al Palagiustizia di Brescia con l'ex ministro della Salute: «C'è stato un errore del consulente della Procura»
Il tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Il tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
AA

«Ha risposto a tutte le domande, ha chiarito, ha ricostruito tutto quello che è accaduto a partire dal 26 febbraio al 6 marzo, e stato esauriente». Lo ha dichiarato l'avvocato Caterina Malavenda al termine dell'interrogatorio dell'ex premier Giuseppe Conte sentito dal Tribunale dei Ministri a Brescia.

Il leader dei Cinque Stelle è indagato nell'ambito dell'inchiesta sulla gestione dell'emergenza Covid nella Bergamasca.

«Il piano pandemico esistente», che risaliva al 2006, «era inefficace ed è stato fatto di tutto per tutelare la salute degli italiani e ho seguito rigorosamente le indicazioni del Cts» e dei tecnici esperti del ministero. Sono in sostanza queste le parole dell'ex ministro Roberto Speranza, pure interrogato quest'oggi al Palagiustizia in merito alla gestione della emergenza Covid nella Valseriana, e in particolare sulla mancata attuazione del piano pandemico, al centro dell'inchiesta della procura di Bergamo.

L'ex ministro come l'ex premier è tra gli indagati per epidemia colposa e omicidio colposo plurimo. Le sue parole sono state riferite dal suo difensore, il professor Guido Calvi, il quale ha anche spiegato che le raccomandazioni dell'Oms del 5 gennaio 2020 relative all'attuazione del piano pandemico «non erano vincolanti. E il consulente della Procura a nostro avviso ha fatto un grave errore» sostenendo il contrario. L'interrogatorio dell'ex ministro è durato circa mezz'ora.

Gli interrogatori

La legale di Giuseppe Conte al Palagiustizia di Brescia tra i cronisti dopo l'interrogatorio dell'ex premier - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
La legale di Giuseppe Conte al Palagiustizia di Brescia tra i cronisti dopo l'interrogatorio dell'ex premier - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

L'ex premier Conte è stato sentito dal Tribunale dei Ministri a Brescia assieme all'ex ministro della Salute Roberto Speranza, tra gli indagati nell'inchiesta della procura di Bergamo sulla gestione della pandemia da Covid-19 in Valseriana. Il Palazzo di Giustizia bresciano è stato presidiato per l'intera mattinata dalle forze dell'ordine e l'aula in cui sono stati sentiti è rimasta sorvegliata dai Carabinieri. 

Il leader del M5S con il suo avvocato, Caterina Malavenda, e l 'ex ministro Speranza sono entrati da un ingresso secondario, a bordo di auto con vetri oscurati. Il professor Calvi, prima di dirigersi verso l'aula, oltre ad assicurare che Speranza «risponderà a tutte le domande», ha detto che depositerà una memoria difensiva. 

L'inchiesta

Anche Giuseppe Conte ha sempre rivendicato la correttezza del suo operato e qualche giorno fa ha dichiarato di volersi difendere e di essere «pronto a rispondere alla comunità nazionale in piena trasparenza». L’ex premier è indagato per non aver istituito la zona rossa per isolare i comuni di Nembro e Alzano Lombardo, l’ex ministro per la mancata attuazione del piano pandemico. Le accuse sono epidemia colposa ed omicidio colposo plurimo. 

I fatti del 2020

Conte era stato sentito come persona informata sui fatti dagli inquirenti nel giugno del 2020. Allora, come si legge nei verbali dell'indagine, aveva spiegato di essere convinto che si dovesse «intervenire e anche in modo drastico» dato che la «Lombardia stava peggiorando seriamente» e che fosse necessaria «una soluzione ancora più rigorosa» e «non limitata ai soli due Comuni della Val Seriana».

Tre anni fa ha raccontato che il 5 marzo, al termine del Consiglio dei ministri «mi è stato riferito dal segretario generale di Palazzo Chigi che era pervenuta una mail» con allegata la bozza del decreto presidenziale con la "proposta di istituzione di zona rossa» e di aver convenuto con il ministro Speranza «di chiedere agli esperti un approfondimento sulle ragioni di questa proposta, alla luce del quadro epidemiologico«. Quella bozza venne firmata da Speranza ma non da Conte in quanto «non è mai stato nelle mie mani». 

Il giorno dopo, il 6 marzo, in una riunione alla Protezione Civile, e con gli esiti degli approfondimenti richiesti «emerse l'orientamento» di «una soluzione ancora più rigorosa e complessiva, non limitata ai solo due comuni della Val Seriana». Il 7 marzo fu elaborata una nuova bozza di Dcpm. L'8 marzo venne creata una zona arancione che comprendeva Regione Lombardia e altre 14 province e il 9 marzo fu decretato il lockdown. Speranza, durante la sua seconda deposizione nel gennaio 2021, disse che «la bussola l'abbiamo sempre avuta e ci portava a difendere innanzitutto la salute delle persone. Ciò che ci mancava era il manuale di istruzione su come fronteggiare un virus sconosciuto». E ancora: «Il piano era datato e non costruito specificamente su un coronavirus ma su un virus influenzale», aggiungendo che il compito di applicarlo spettava all'ex dg della Prevenzione del Ministero, Claudio D'Amario, pure lui indagato. «Non ricordo se qualcuno in modo specifico abbia detto che il Piano pandemico antinfluenzale non andava attuato». Si è trattato, aveva aggiunto, «di una valutazione e decisione dei tecnici di riferimento della task force e poi del Cts». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato