Incerti fino all'ultimo stadio

Il dibattito attorno allo stadio del Brescia ricorda un po’ quello tra neoplatonici e aristotelici: si parte dall’idea o dalle cose concrete?
Lo stadio Rigamonti a Mompiano - © www.giornaledibrescia.it
Lo stadio Rigamonti a Mompiano - © www.giornaledibrescia.it
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Il dibattito attorno allo stadio del Brescia ricorda un po’ quello tra neoplatonici e aristotelici: si parte dall’idea o dalle cose concrete?

Il Rigamonti è del Comune. Nei decenni passati funzionava così. Erano i sindaci che costruivano gli stadi. Poi è arrivato il modello inglese: stadi di proprietà dei club. Un modo per patrimonializzare le società, aggiungendo ricavi extra agli incassi delle partite.

Brescia ha bisogno da tempo di un nuovo stadio. Il Comune non ha i soldi e comunque l’idea che spenda 20 o 30 milioni è roba d’altri tempi. Anche il presidente Massimo Cellino ha però fatto sapere di non volere un «suo» stadio. Così, rispetto all’ambizione di dotare Brescia di un impianto nuovo di zecca, si sta facendo strada l’idea di ristrutturare il Rigamonti pezzo per pezzo. A Udine o Reggio Emilia hanno fatto così.

A Brescia c’è però qualche ambiguità in più. Se le Rondinelle andranno in serie A, bisognerà mettere subito mano all’impianto. L’unico modo per farcela in tre mesi è con strutture in tubolari. Una soluzione temporanea, si dice. Cellino parla di progetto a step, stagione dopo stagione, senza perdere quello che si è realizzato l’anno prima. E già qui diventa difficile capire cosa è temporaneo e cosa definitivo.

Meglio sognare di avere, prima o poi, uno stadio nuovo? Oppure «accontentarsi» di un impianto in tubolari, magari bello come lo «Stirpe» di Frosinone, lasciando però irrisolti i nodi urbanistici, viabilità e parcheggi?

 

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