In volo verso Orio con una bomba: l'uomo viveva a Brescia

Un 43enne cercò di imbarcarsi su da Manchester con un pennarello esplosivo, ma non fu arrestato subito. Viveva tra la città e Pontoglio
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Viveva a Brescia da anni, prima in viale Piave, poi a Pontoglio. A Brescia lavorava e dava lavoro a diverse persone. A Brescia ha lasciato anche la sua libertà. L’ultima volta ci è tornato ai primi di febbraio, dopo un breve soggiorno in Inghilterra, dove vivono moglie e figli, ma soprattutto sei giorni dopo essere stato trovato in possesso di un pennarello esplosivo. Con quell’ordigno, ricavato all’interno di un evidenziatore e realizzato con tre pile stilo, polvere esplosiva e spilli da sarta, il 30 gennaio aveva cercato di imbarcarsi su un volo Ryanair in partenza da Manchester e diretto a Orio Al Serio. La sicurezza dello scalo britannico gliel’aveva impedito, ma non l’aveva arrestato.

Nadeem Muhammad, 43enne di origini pakistane, così ha avuto modo di riprogrammare il viaggio e di raggiungere comunque la sua meta. È arrivato a Brescia il 5 febbraio, qui, per tre giorni, si è mosso liberamente. Gli esperti in esplosivi di Scotland Yard scoprono che la sua «pipe bomb», realizzata con nitroglicerina, nitrocellulosa e spilli, è ordigno rude ma comunque ad alto pontenziale solo l’8 febbraio e proprio l’8 febbraio da Manchester così scatta l’allarme globale.

I primi ad essere contattati sono gli uomini della Dda di Brescia e quelli della Digos della Questura. Investigatori inglesi e bresciani si incontrano in tutta fretta a Roma, dove pianificano una strategia comune e condivisa. In quelle stesse ore Muhammad viene preso «in consegna» e seguito 24 ore su 24 tra Brescia e Pontoglio da poliziotti in borghese che non perdono una sua mossa.

Il procuratore aggiunto Carlo Nocerino apre un fascicolo e lo incrimina per trasporto di esplosivi con finalità di terrorismo internazionale. Scatta la perquisizione a casa e nell’officina. Davanti agli agenti Muhammad cade in preda al panico, evidentissimo assicurano fonti investigative. Ma si difende. «Di quella bomba non so nulla - assicura il 43enne con passaporto italiano - me l’hanno messa in valigia». Le ricerche intanto non danno esiti. Non ci sono ragioni per trattenerlo. Nadeem viene lasciato in libertà, condizione nella quale resta giusto il tempo del volo di ritorno a Manchester. Ad attenderlo sulla pista dello scalo britannico infatti trova la perizia balistica sull’ordigno, agenti in tenuta anti sommossa e un paio di manette.

Ad inizio di agosto velocissima arriva la condanna a 18 anni di carcere, ai quali ne seguiranno altri 5 di sorveglianza speciale. Il processo però non chiarisce se il 43enne volesse far esplodere l’ordigno in volo o se, data la natura della bomba, in particolare la presenza di spilli nel pennarello, volesse utilizzarlo in un luogo aperto o consegnarlo a dei complici. Mohammad si è sempre difeso dicendo di non sapere di averlo con sé e non ha escluso che ad infilarlo nella sua borsa possa essere stata sua moglie.

Per il giudice «non vi è prova di un movente politico, religioso o terroristico. Nadeem Muhammad - ha affermato il presidente della Corte - però voleva far male e per questo merita una condanna pensante». Con una tirata d’orecchi se la cavano invece i responsabili della sicurezza dell’aeroporto di Manchester: «Quella di lasciare andare Muhammad fu una decisione completamente sbagliata e potenzialmente pericolosa» ha stigmatizzato il presidente Field.

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