In Maddalena la natura insegna strategie di resilienza
Le ferite inferte dagli incendi che nei mesi scorsi hanno bruciato circa quindici ettari del monte Maddalena sono ancora visibili ad occhio nudo. Sulla montagna di casa, i tronchi degli alberi, quelli solo in parte danneggiati dalle fiamme, sono anneriti dalla fuliggine e il terreno è ricoperto da un sottile manto nero, prezioso nutrimento per le piante stesse, che nonostante la carenza d’acqua di questi mesi, hanno rinverdito i versanti del monte di casa.
Resistenza e resilienza
«Nel linguaggio di oggi - spiega Paolo Vitale, biologo e insegnante di Scienze naturali al Copernico - sono diventati molto di moda due termini che noi studiosi della natura utilizziamo da sempre: resistenza e resilienza. L’ambiente e l’elevata biodiversità del monte Maddalena rappresentano esattamente questi concetti: qui ci sono piante che hanno resistito alle fiamme e sono riuscite a riprendersi, altre completamente distrutte in superficie che oggi sono rifiorite completamente».
Più forti del fuoco
È la forza della natura, che ha saputo nel corso dei millenni adattarsi a questo tipo di eventi distruttivi, ma che oggi reagisce in modo così repentino anche grazie ad un buon alleato. «È chiaro - aggiunge Vitale - che tutto ciò è potuto accadere grazie all’intervento dei volontari di Protezione civile e dei Vigili del fuoco, che hanno contenuto gli incendi impedendo che si estendessero troppo, e spento le fiamme prima che distruggessero tutto: questo ha permesso all’ambiente di riprendersi così bene e velocemente».
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Biodiversità
La vegetazione del monte Maddalena nel corso dei millenni si è adattata ai numerosi incendi che la montagna ha dovuto sopportare, generando una straordinaria biodiversità che ne ha garantito la sopravvivenza. «Il resto - continua Vitale - lo abbiamo fatto noi proteggendo questo ambiente. Lo hanno fatto il Comune di Brescia e tutti i Comuni che fanno parte del Parco delle Colline, tutelando il territorio». Tra le piante che caratterizzano per la maggior parte la vegetazione del monte cittadino ci sono la roverella, nome scientifico Quercus pubescens, e lo scotano, detto anche «albero della nebbia», che oggi sono in piena ripresa.
Pianta... antincendio
«La roverella - afferma Mario Ferrari, botanico che fa attività di volontario scientifico presso il museo di Scienze naturali - ha la particolarità di mantenere le foglie secche attaccate ai rami fino alla stagione successiva. Questo permette alla pianta di evitare che le foglie, cadendo, si accumulino alla base alimentando un eventuale incendio». Una strategia di autodifesa, insomma, perfezionata nel corso dei millenni per sopravvivere. Una risposta anche a chi appicca i roghi mettendo a rischio l’ambiente e chi lo vive.
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