In difesa di Mario, indifendibile eroe decaduto
Difendere Mario Balotelli è un’ardua impresa, come passare inosservati in una manifestazione di animalisti indossando una pelliccia di leopardo o rimanere indenni dentro una gabbia di leoni che hanno saltato il pasto. La mia è l’opinione di chi è cresciuta sentendo dire che «il calcio non è uno sport per signorine». Non ne capisco nulla, però sono consapevole che l’indotto che ne deriva ha tali implicazioni economiche da non poter essere liquidato come un semplice passatempo.
A «Balo» il pallone ha profuso tanta ricchezza da renderlo un modello del reality «Riccanza». Si comporta come Lucignolo nel «Paese dei balocchi», dimenticando che avrebbe dovuto vestire la simbolica maglia dell’esempio giovanile positivo. Di recente i giornali hanno riportato una «balotellata» compiuta a Napoli, dove per l’ennesima volta la sua immagine si è scheggiata contro la superficiale tracotanza. Oggi neppure un abile sofista troverebbe cavilli per farlo assolvere, eppure ispira in me una sorta di tenerezza mista a dispiacere. Forse un po’ lo giustifico per l’affetto che ha sempre dimostrato verso la mamma adottiva, conscia che molti ragazzi adottivi sono ammalati di dolore per dover vivere un’esistenza scollegata dalla loro origine.
Una certa tenerezza me l’aveva suscitata anche quando ancora giovanissimo era diventato padre e parlava della sua bambina sorridendo, con l’espressione bonaria di chi viaggia sopra le righe e poi ammette di non sapersi pienamente destreggiare. Forse le sue esagerazioni non sono neppure tanto dissimili da quelle di altri arricchiti che ostentano un’arroganza dorata attraverso le finestre di Instagram e YouTube. Il fatto poi di non essere mai allineato alle regole glielo hanno fatto pesantemente rimarcare i suoi haters, con cori razzisti in campo e commenti al vetriolo sui social. Ciò che amareggia guardandolo è vedere la destrutturazione di un sogno dentro l’immagine da «cappellaio matto» che, snobbando la fortuna di essere stato uno su mille che ce l’ha fatta, erode la sua dignità di uomo.
La storia di Mario replica quella di tanti eletti, i quali conquistata la vetta dell’Empireo sono scivolati miseramente a valle. Fortunatamente il principio morale che regola il mondo non è una palla di cuoio e ogni partita umana giocata prevede sempre dei tempi di recupero supplementari. Purtroppo c’è poca compassione per gli dei decaduti, quelli che avendo sciupato il loro talento ritornano a essere comuni mortali.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato