In centro a Brescia ci sono 5 angoli curiosi che non tutti conoscono
Chiese, musei, monumenti e opere d’arte: di luoghi da visitare nel centro di Brescia ce ne sono davvero tanti. C’è sempre qualcosa da imparare, per accrescere il proprio bagaglio culturale, anche se a volte un po’ di divertimento non guasta. Su consiglio di Giovanni Arena, uno dei più amati travel creator italiani, ecco cinque luoghi curiosi (e instagrammabili), d’interesse storico, artistico e culturale, da visitare con quel pizzico di leggerezza e se vogliamo anche con un po' di ironia.
Ma prima, chi è Giovanni Arena?
Giovanni è un influencer di 26 anni, originario di Vibo Valentia, trapiantato a Milano. La sua più grande passione sono i viaggi, che condivide sui social: Instagram (@giovanniarena_) dove conta 280 mila follower e Tik Tok (@giovanniarena_) con una crescente community di cui fanno parte più di un milione di persone. Conosciuto anche come «Giovanni quello che viaggia», sulle sue pagine condivide foto e video di viaggi, consigli su mete, ma anche panorami mozzafiato e situazioni o luoghi divertenti e soprattutto curiosi, spesso poco conosciuti.
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Ecco, quindi, una lista dei cinque luoghi da visitare, più un po’ di storia e qualche curiosità.
1. La nicchia che fa passare il mal di testa
In centro città, zona San Faustino, c'è l’omonima chiesa dedicata ai patroni della città, Faustino e Giovita. Al suo interno, oltre ad essere raccolte le opere d’arte, che raccontano la storia dei due santi, sono conservate anche le loro reliquie. Ma non solo Santi Patroni, qui si racconta anche dell’antico culto di Sant’Onorio «che fa passare il mal di testa». Sant’Onorio fu un vescovo di Brescia, il cui teschio è conservato nella chiesa di San Faustino e Giovita. Il cranio presenta una frattura verticale e per tradizione si vuole che la sua devozione porti sollievo al mal di testa. È quindi usanza pregare inserendo la testa in una delle due nicchie ai lati dell’altare, a quanto pare da sempre utilizzate a questo scopo.
2. Il rinoceronte sospeso nel vuoto
Per la seconda tappa di questo tour ci troviamo nel quadriportico di piazza Vittoria, in centro città, dove si può ammirare un rinoceronte sospeso nel vuoto. Un’opera dell'artista bresciano Stefano Bombardieri, noto per la realizzazione di sculture di grandi dimensioni, con protagonisti grandi animali come balene, rinoceronti, coccodrilli ed elefanti, sospesi, intrappolati o schiacciati.
Ma la sua non è una guerra ambientalista, o meglio, non solo. Quello dell’artista è un approccio filosofico, focalizzato su temi come il tempo e la sua percezione, l’uomo e il significato dell’esistenza e l’esperienza del dolore. La scelta di rappresentare animali sospesi è sì un modo per sensibilizzare lo spettatore, trasmettere la realtà in cui vivono molti animali, in un precario equilibrio contro le barbarie di cui sono vittime. Ma non solo. Gli animali, la loro espressività e il loro volto umano trasmettono, a chi lo guarda, una sensazione di peso e angoscia, metafora della complessità dell’esistenza umana. L’innaturale posizione in cui si trovano è invece il simbolo degli inaspettati accidenti imposti dalla società di oggi. E tutto ciò, visto nel complesso, ci fa capire quanto realmente siano legati l’uomo e l’ecosistema naturale.
La scultura «Il peso del tempo sospeso» rappresenta un rinoceronte, ma nel profondo vuole simboleggiare le situazioni in cui l’essere umano si trova bloccato, in una situazione che non dipende da lui.
3. Una piovra che inghiotte una gondola
Sempre di Stefano Bombardieri è l’opera «Saluti da Venez..», anche conosciuta come la piovra che inghiotte la gondola, esposta all'interno del giardino di Palazzo Martinengo di via Musei. La scultura si trova nel Palazzo dal 2016 e in quanto «site specific installation», ovvero installazione realizzata per un luogo specifico, l’artista avrebbe dovuto portare via con sé la scultura al termine dell’esposizione, poiché in quanto parte di una mostra, se rimossa dal suo contesto, oltre che perdere l’atmosfera che la circonda, ne abbandona anche il significato. E invece, oggi, l’opera si trova ancora qui: donata dall’artista a Brescia al termine della mostra è diventata una scultura permanente del palazzo, e una piacevole, oltre che interessante, meta per una visita del centro città.
A Brescia nel 2016, per raccontare la nascita e lo sviluppo del vedutismo veneziano, viene scelta come location Palazzo Martinengo di via Musei. Lo storico edificio ospita per sei mesi la mostra «Lo splendore di Venezia - Canaletto, Bellotto, Guardi e i vedutisti dell’Ottocento» che raccoglie una selezione di oltre cento capolavori dei più importanti artisti della corrente, ed è proprio per questa occasione che Stefano Bombardieri realizza l’opera «Saluti da Venez..».
4. La statua «parlante» di palazzo della Loggia
Sì, pensare ad una statua parlante non è per niente realistico ma la Lodoiga, o Ludovica, con la sua storia travagliata, ci insegna che tutto è possibile. Le sue vicende hanno inizio nella seconda metà del ‘500, con il progetto di costruzione di palazzo Loggia. Il portico della Loggia rappresentava un luogo di incontro, tra interno e esterno, tra cariche pubbliche e popolo. La statua viene, posizionata all’esterno del Palazzo, in un angolo davanti all'ultimo pilone di sinistra della facciata, e lì rimase nei secoli. Accanto alla scultura si trovava un’alzata, la cosiddetta «pietra del bando», dove salivano banditori o oratori per parlare alla folla e il porticato rappresentava un’anticamera popolare, dove trovava voce la Lodoiga.
Non sempre era possibile commentare ad alta voce i bandi o il comportamento degli amministratori, ed era proprio in questi casi che la statua interveniva, facendo da portavoce tramite i biglietti incollati anonimamente sul pilone adiacente o sul muro interno. La Lodoiga non era solo un mezzo per uno scopo ma era anche parte del popolo: posta sulla piazza, vicina a tutti, senza un piedistallo che la elevasse.
Dalla sua realizzazione, la statua è stata circondata da un'aura di ironia. Dagli errori durante la sua costruzione alla scelta di lasciarla a terra, nel corso degli anni le sono stati affibiati diversi, e divertenti, soprannomi: fuori dalle porte del museo, nell’ex monastero, era «la portinaia», mentre nella fontana del cortile della chiesa di San Salvatore era «la lavandaia».
5. I bigliettini che sembrano farfalle
Terminiamo il tour nel centro di Brescia in zona Carmine, storico quartiere della città. Andando alla Chiesa di Santa Maria del Carmine e posizionandosi di fronte alla facciata prinicipale, non esattamente davanti al portone, piuttosto in linea con la grande vetrata di destra, si nota subito una vietta e poi il volto di via Fenarolo. Se alzate lo sguardo potete notare i tantissimi bigliettini. State ammirando l’installazione artistica di Antonio de Martino, piccoli pezzi di carta appesi che ricordano delle farfalle con su scritti citazioni e aforismi, testimonianza della saggezza popolare che animava il brulicante quartiere del Carmine.
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