Immigrazione, il dossier statistico: «Tutelare i diritti alla salute, allo studio e al lavoro»

Le persone di origine straniera si allontanano sempre di più dall'Italia a causa di un contesto sociale ostile
Tutelare il diritto allo studio è alla base dell'integrazione
Tutelare il diritto allo studio è alla base dell'integrazione
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I numeri del dossier statistiche e il volto, le parole di Nesaiba, le riflessioni che si sono soffermate soprattutto su salute e scuola e una parola su tutte: obiettivi. Perché il Dossier Statistico Immigrazione realizzato dal Centro studi e ricerche Idos in collaborazione con Confronti e Istituto di Studi politici San Pio V vuole fornire anche con la sua trentaduesima edizione «Strumenti di conoscenza e lavoro», come ha sottolineato Franco Valenti, referente Lombardia di Idos, aprendo la presentazione nella sede della Fondazione Calzari Trebeschi. Perché indicazioni per il futuro sono arrivate da Francesco Castelli, infettivologo e prorettore dell’Università degli studi di Brescia, e da Bianca Gheza dell’Ufficio scolastico territoriali. E perché Nesaiba Ait Allali lo ha detto chiaro e forte: «I giovani di origine straniera delle seconde e terze generazioni hanno degli obiettivi, puntano a master e dottorati, o a lavorare nell’ambito pubblico: guardate il nuovo primo ministro britannico».

Il quadro generale

Valenti parla innanzitutto di una «stabilizzazione numerica» dell’immigrazione in Italia, cui contribuiscono nuove cittadinanze acquisite, nascite e ricongiungimenti familiari e anche le uscite che, a fronte di una capacità di risparmio significativa nonostante le crisi economiche del 2008 e del 2020, mostrano una disaffezione nei confronti dell’Italia dovuta a politiche che rendono difficile inserirsi in un «contesto socialmente ostile». In particolare, in Lombardia il 12% dei residenti è di origine straniera, ma «manca la valorizzazione di questo capitale umano» con il rischio di uno «sbilanciamento della struttura socio-economica tra venti-trent’anni».

Immigrazione e salute

Lo ripete il professor Castelli nel messaggio conclusivo del suo intervento su immigrazione e salute, ricordando che «laddove non si cerchi di demarginalizzare le persone si fa un danno non solo alla salute di queste persone, ma anche all’integrazione e quindi al contributo che possono dare in termini di Pil al nostro Paese». L’infettivologo sfata diversi luoghi comuni sulle malattie di cui gli immigrati sarebbero portatori, per concentrarsi piuttosto sui disordini della sfera psichica dovuti a stress e mutate condizioni di vita, oltre che su obesità, diabete e ipertensione che spesso insorgono nel nuovo Paese. La domanda allora è: come si garantisce la salute di queste persone? Garantendo l’accesso alle cure da un lato e valorizzandone le potenzialità culturali dall’altro. Gli strumenti ci sono e Brescia, riferisce Castelli in qualità di prorettore della Statale, è tra l’altro uno dei luoghi in cui viene maggiormente realizzata la possibilità di valutare le competenze di chi voglia studiare all’università ma sia privo dei documenti necessari per l’iscrizione.

Scuola per tutti

Strumenti preziosi sono a disposizione anche della scuola, come testimonia Bianca Gheza dell’Ust, partendo da un richiamo dell’articolo 34 della Costituzione e rammentando a sua volta che sulla «scuola per tutti» Brescia è «un’eccellenza».

Nell’anno scolastico 2020/21, gli alunni non italiani nelle scuole bresciane erano 32.747: un numero che poneva la nostra provincia al quarto posto in Lombardia. Tra loro 23.433 (il 72,62%) sono nati in Italia ma questo non semplifica le cose. Parlando anzi delle seconde generazioni, Gheza sottolinea lo «scontro» spesso vissuto dai ragazzi tra la loro origine e la vita nel nuovo Paese. Per quanto riguarda poi la vita scolastica, il «problema grosso» sono l’irregolarità, i ritardi causati da bocciature e ripetenze e gli abbandoni soprattutto intorno ai 17, 18 anni, quando termina l’obbligo scolastico. Ma chi sono questi studenti? Gheza ricorda anche i figli di coppie miste e i bambini adottati, per dire che «ogni bambino, ogni ragazzo ha la propria storia». E per questo «serve collaborazione tra scuola ed extrascuola, soprattutto con gli enti locali».

La testimonianza

Lo sa bene l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Brescia, Marco Fenaroli, evocando il fondamentale tema delle risorse, mentre Nesaiba Ait Allali porta la sua testimonianza di ventiquattrenne fisioterapista di origine marocchina nata a Manerbio. «Ho vissuto la mia adolescenza e i miei studi come i miei coetanei italiani - racconta -. Certo la prospettiva cambia se, come nel caso di una mia compagna di corso all’università, si sa già che parte dei guadagni di un futuro lavoro dovranno andare alla famiglia di origine. È quello che hanno fatto i miei genitori, mentre per me è stato diverso. Insomma: non siamo numeri, ma persone con obiettivi e ambizioni. Io ho appena superato un concorso per un master. Perché "abbiamo fame", ma come intendeva Steve Jobs».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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