Ilario Bertoletti: «L’editoria cattolica, un segno nella città»
Questa intervista è parte del progetto «Interviste allo specchio», condiviso con L’Eco di Bergamo e nato in occasione del 2023, l’anno che vede i due capoluoghi uniti come Capitale della Cultura 2023. Ogni domenica i due quotidiani propongono l’intervista a due personaggi autorevoli del mondo culturale (nell’accezione più ampia), uno bresciano e uno bergamasco, realizzate da giornalisti delle due testate. Di seguito trovate l’intervista al personaggio bresciano. Per scoprire il contenuto dell’intervista all’omologo bergamasco invece, vi rinviamo a L'Eco di Bergamo.
Ilario Bertoletti è il direttore editoriale della Morcelliana, casa editrice – oggi presieduta da Francesca Bazoli – che a Brescia ha una storia centenaria di grande rilievo: tra i giovani che la fondarono nel 1925 c’era anche Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI. Nell’anno di Bergamo-Brescia Capitale della Cultura, Bertoletti rivendica il ruolo rivestito dall’editoria di matrice cattolica non solo nell’identità della città, ma anche per la sua capacità di fornire adeguati strumenti culturali ai cattolici italiani impegnati in politica.
Quanto l’editoria ha contribuito a modellare l’impronta culturale di Brescia?
Credo che il ’900 si caratterizzi culturalmente in Brescia proprio per la specificità dell’editoria, grazie alla presenza di Morcelliana, Queriniana, Paideia dagli anni ’60 e, a latere, de La Scuola Editrice. Un’editoria specializzata innanzitutto su temi teologici e religiosi: un unicum in Italia, frutto dello straordinario esperimento di alcuni professionisti e intellettuali laici e cattolici (Giovanni Battista Montini, Fausto Minelli, Alessandro Capretti, Mario Bendiscioli, Giulio Bevilacqua) che nel 1925 pensarono a come disegnare un ruolo per la cultura cattolica in contrapposizione al fascismo. Posero l’imprinting di un’editoria di cultura capace di trascendere il momento e pensare al futuro.
Questa editoria ha anche aperto la città alla cultura internazionale?
Fin da subito ci fu un’internazionalizzazione della prospettiva. Ricordo le traduzioni di Jacques Maritain: «I tre riformatori» apparve nel 1928 a cura di Montini. Poi la nostra stella polare, il teologo Romano Guardini, di cui una collana raccoglie oggi l’opera omnia. Mino Martinazzoli sottolineava l’importanza di testi come «La fine dell’epoca moderna» e «Il potere» di Guardini per la formazione culturale dei cattolici italiani in politica. Fin dagli anni ’70, inoltre, Stefano Minelli e Giulio Colombi ebbero la premura di aprire al mondo, con grandi traduzioni di autori dall’America. Anche le riviste della casa editrice – a partire da «Humanitas», edita dal 1946 – hanno un respiro internazionale.
L’editoria di qualità fa spesso capo a figure di caratura particolare.
L’editrice Queriniana ha avuto padre Rosino Gibellini: oltre che un grande teologo, è stato il principale storico ed editore di teologia della seconda metà del ’900. Giuseppe Scarpat, con l’editrice Paideia, ha prodotto grandi opere di filologia biblica. Va poi ricordato mons. Antonio Fappani, con le sue indagini volte a recuperare la storia della pietà bresciana e la grande impresa dell’«Enciclopedia bresciana».
È significativo anche l’impegno pedagogico.
Caratteristico dell’Editrice La Scuola per le scuole dell’obbligo. Un’altra esperienza di grande tradizione, basti pensare alla figura di Vittorino Chizzolini o a quella delle sorelle Agazzi: abbiamo appena ripubblicato la loro guida alla formazione delle insegnanti. Il marchio Scholé di Morcelliana è il tentativo di rilanciare a livello universitario questa tradizione pedagogica.
Come aggiornare questo patrimonio ai tempi nuovi?
L’editoria deve anticipare i cambiamenti, proponendo libri necessari per comprendere il proprio tempo. Abbiamo cercato di farlo in questi anni, ad esempio con volumi sull’Ucraina, la Russia e con quello di Massimo Giuliani, appena pubblicato, su Gerusalemme e Gaza. Sono libri che riflettono sull’attualità. Servono rigore scientifico e l’impegno a non essere corrivi nei confronti delle mode.
Qual è la sua valutazione di quest’anno dedicato alla cultura?
Direi che ha davvero dimostrato ciò che può fare Brescia nella cultura, le sue possibilità intrinseche.
A questo link l'intervista dell'Eco di Bergamo
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