«Il virus nel Bresciano? C’è l’ipotesi della Via del fieno»
La Via del fieno come possibile strada d’accesso del Coronavirus in provincia di Brescia. E per provare a rispondere alla domanda delle domande: come ha fatto a svilupparsi nel Bresciano il contagio? L’analisi non riguarda il fieno stesso, ma si concentra su chi lo ha trasportato e venduto nella nostra provincia, dove il contagio ha iniziato a svilupparsi dalla zona della Bassa.
Lo studio. «I viaggi del fieno? È un’ ipotesi sulla quale stiamo lavorando e la riteniamo concreta» ammette il professor Massimo Galli, primario del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano. Ammette che non sarà facile risalire con certezza all’origine del contagio, ma il medico con la sua equipe sta studiando le caratteristiche del virus e il lavoro, già completato e in attesa di validazione da parte dell’Istituto superiore di sanità, sarà pubblicato a breve. Non è una caccia all’untore, ma è una mappatura della contaminazione. E sotto la lente di ingrandimento è finito anche il contagio da provincia a provincia partendo ovviamente da Codogno nel Lodigiano e dal vicino Pavese che dista 25 chilometri.
Lì dove tutto ha avuto inizio. «Fuori da quell’area, le zone più colpite, almeno nella prima fase, sono a vocazione agricola e gli scambi commerciali del settore zootecnico non possono essere ignorati» spiega il professor Galli. Chi dalle province di Lodi e Pavia, nelle settimane prima del boom di contagi, si è spostato verso il territorio bresciano prevalentemente per motivi di lavoro. «Collegati al mondo agricolo» ipotizza Galli. Le ipotesi. A Brescia, dopo la città che detiene il maledetto record di persone infettate e decessi, i Comuni più colpiti sono Orzinuovi e Montichiari, paesi che fino ad inizio marzo ogni venerdì hanno ospitato il mercato del fieno, con camion arrivati anche e soprattutto dalle zone di Lodi e Pavia. «Non siamo un focolaio, ma il virus lo abbiamo importato e gli unici contatti con quella fetta di Lombardia è proprio il mercato del fieno» ripete da settimane il sindaco di Orzinuovi Maffoni.
«Stando a quanto fin qui analizzato il virus ci ha colpito alle spalle. È arrivato dalla Germania attorno al 25-26 gennaio e poi ha iniziato a circolare e lo ha fatto liberamente per almeno un mese» è il pensiero del primario del Sacco. Fissa una data che porta ad una riflessione, calendario alla mano. A Orzinuovi l’ultimo mercato del fieno è stato il 28 febbraio prima che l’Amministrazione chiudesse tutto, mentre a Montichiari l’ultimo appuntamento è stato una settimana dopo, il sei marzo. «Poi abbiamo deciso di fermare l’attività considerando che tante persone arrivavano proprio dalle zone in quel momento più calde per il contagio». I trasporti sull’asse Pavia-Lodi-provincia di Brescia, rispetto al periodo di arrivo ipotizzato del Coronavirus in Italia, sono avvenuti per almeno cinque settimane. Cinque o sei venerdì in cui lodigiani e pavesi sono stati nel Bresciano.
«Su 13-14 tir che di solito si presentano a Orzinuovi, tre o quattro provengono da Lodi, gli altri da Pavia. Non siamo però gli untori, nessuno di noi è risultato positivo» spiegano i componenti della famiglia Toscani, che, con sede a Sant’Angelo Lodigiano, da sempre trasportano proprio il fieno. «Andiamo a prendere la paglia nelle aziende locali, la carichiamo sui camion e poi la portiamo ai nostri clienti» viene spiegato.
A Orzinuovi tanti autotrasportatori nei giorni del mercato si fermavano, prima dello stop imposto dalle istituzioni, al Bar Milano 2, riferimento di tanti pensionati del paese e frequentato anche da un paio di anziani stroncati proprio dal Coronavirus. «È stato escluso che il Covid -19 possa essere stato trasmesso dal fieno e dagli animali, guardiamo ai trasporti nel settore agricolo. È l’uomo a contagiare» precisa il professor Massimo Galli. Il mercato del fieno è dunque un capitolo nel campo delle ipotesi, ma lo sguardo va allargato all’intero comparto. E per il settore zootecnico la tre giorni 14-15-16 febbraio è stata da cerchietto rosso perché a Montichiari si è svolta l’edizione 2020 della Fazi, la Fiera Agricola Zootecnica Italiana. Che ha richiamato nella Bassa migliaia di agricoltori e imprenditori del settore provenienti dalle zone poi risultate tra le più contagiate d’Italia. «I nostri studi si concentrano anche su questi aspetti» spiega dall’ospedale Sacco il professor Massimo Galli. Proprio attraverso i viaggi del virus, anche nel Bresciano, i ricercatori milanesi hanno nel frattempo aumentato le sequenze genetiche del Covid 19, ora passate da tre a sei.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato