Il viaggio di Mohamad: dalle bombe in Siria ai fornelli a Brescia

Fuggito da Damasco nel 2013, ha inaugurato in città un take away di cucina mediorientale
CUCINA CONTRO L'INDIFFERENZA
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«Non avrei mai pensato di lasciare Damasco, ma nel 2013 ho dovuto decidere: andarmene dal mio Paese o morire lì».

Mohamad, 39 anni, ha gli occhi grigi e tristi, che si illuminano quando sorride. È arrivato in Italia dalla Siria come rifugiato con la moglie Ghena e i tre figli piccoli nel 2016, passando prima dalla Turchia. Lunedì ha aperto a Brescia il suo primo take away di cucina mediorientale, «La casa siriana», grazie alla collaborazione tra il progetto Sprar Brescia «Articolo 2», il progetto Fami (Fondo asilo, migrazione e integrazione) del Ministero dell’Interno - di cui sono partner il Comune di Brescia e l’associazione ADL Zavidovici - e Banca Etica.

«A Damasco lavoravo in una fabbrica di alluminio e davo una mano nel ristorante di famiglia. Ma sia la fabbrica sia il ristorante sono stati distrutti dai bombardamenti. Tutto quello che c’era fuori da Damasco è stato distrutto» racconta, aiutato in alcuni punti nella traduzione arabo-italiano da Stefano Fogliata, operatore dell’associazione Adl Zavidovici. Mohamad abitava nella medina, cuore della città, controllata dall’esercito del regime di Bashar al-Assad: «Se non ti arruolavi finivi in prigione o fucilato. Ma non solo, c’erano continui attentati e ogni tanto cadeva qualche razzo».

E fuori da Damasco, oltre alle bombe, c’era anche Daesh. Così a fine 2013, la famiglia abbandona il Paese e vola a Istanbul. In Turchia. Lì il lavoro non si trova: Mohamad deve vendere la casa in Siria e con il ricavato apre un ristorante a Yalova, cittadina a un centinaio di chilometri dalla capitale. Ma la burocrazia turca non lo aiuta, i regolamenti continuano a cambiare e questo vuole dire sborsare sempre più soldi per i documenti. A settembre 2016, grazie al programma di Resettlement delle Nazioni Unite, Mohamad e la sua famiglia si spostano in Italia, ospiti del progetto Sprar Brescia.

«Da quando sono piccolo mi piace il calcio italiano, l’Inter, la Juventus e la nazionale. I miei calciatori preferiti sono Maldini e Roberto Baggio» prosegue, e mostra sul cellulare le foto dei suoi bambini sul campo da calcio. Gahith (9 anni) e Karim (6 anni) giocano nel Bedizzole, mentre il più piccolo, Adam, di quasi 4 anni, si limita ad abbracciare un pallone sorridendo. «E poi l’Italia è famosa per il cibo. Ho pensato che quando in Siria finirà la guerra potrò aprire un ristorante italiano a Damasco. Se invece non finisce, ne avrò uno siriano a Brescia». Nell’impresa l'ha aiutato anche la famiglia siriana di Malek Suoid che vive in città da tanti anni. «Attraverso il ristorante vorrei dare un’immagine diversa della Siria perché oggi quella che abbiamo tutti è di un Paese in guerra - spiega Mohamad -. Brescia mi piace, è simile a Damasco. E la gente è molto buona, proprio come il cibo».

 

 

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