Il Vescovo: «La malattia grave ci insegna a non avere paura della fragilità»
«Sto bene, sono molto contento di essere tornato». Non frasi di circostanza, ma profonde verità; una condizione e un sentimento che vuole esternare a chiunque incontri, a chiunque gli chieda, appunto, come sta. Da domenica scorsa, dopo sette mesi di assenza, il vescovo Pierantonio Tremolada è rientrato in Diocesi, da lunedì è di nuovo pienamente operativo, «sono solo un po’ debole» precisa, ma per il resto il peggio è davvero alle spalle. Lo ha raccontato, appunto, lunedì mattina durante il primo incontro con i sacerdoti e il personale di curia, lo ha ribadito ieri pomeriggio in collegamento con Renato Andreolassi durante il suo programma «Punti di vista» in onda dal lunedì al venerdì alle 18.50 su Teletutto.
Speranza
Il 16 giugno il vescovo Tremolada aveva presieduto l’ultima celebrazione bresciana prima di trasferirsi a Lissone dalla famiglia e poi all’ospedale San Gerardo di Monza per il trapianto di midollo; lui stesso aveva annunciato la sua malattia il giorno prima. L’11 luglio il ricovero e il 20 luglio l’intervento. Tutto fortunatamente è andato per il meglio, anche il periodo di convalescenza. La prima tappa del suo ritorno a Brescia è stata al santuario delle Grazie, si è fermato in preghiera per qualche minuto all’altare della Madonna. Il luogo simbolo della devozione per san Paolo VI (alle Grazie don Giovanni Battista Montini aveva celebrato la sua prima messa) era stato anche la meta del vescovo Tremolada subito dopo la nomina a pastore della Chiesa bresciana.
«È difficile raccontare con le parole una malattia grave - ha detto ieri mons. Tremolada - alcune cose rimarranno per sempre un segreto personale. Voglio però sottolineare che è stata un’esperienza importante per valutare la vita, per capirne le priorità. Si impara anche a non avere paura delle proprie fragilità, si impara anzi ad affrontarle, a conviverci e, se possibile, superarle». Come già detto più volte, il vescovo ha voluto ribadire quanto siano state fondamentali le persone che ha avuto accanto.
«Durante la malattia - ha spiegato - comprendi l’importanza degli altri, capisci che è fondamentale ci sia qualcuno che si prende cura di noi, non possiamo vivere da soli». Parole di gratitudine per medici e infermieri che «hanno dimostrato ogni giorno grande umanità». Riconoscenza anche nei confronti della famiglia, «devo ringraziare ancora una volta i miei fratelli e i miei cognati per quanto hanno fatto per me in questi mesi, hanno vegliato su di me: mi sono sentito protetto come in un nido» ha detto.
Mente e cuore
L’intervista con Andreolassi è stata l’occasione per un ricordo del papa emerito Benedetto XVI scomparso il 31 dicembre scorso. «Si potrebbero ovviamente dire moltissime cose - ha raccontato mons. Tremolada -, ma vorrei soffermarmi sulla sua straordinaria intelligenza unita a non comune sensibilità. L’unione tra mente e cuore è il segreto di una persona sapiente quale lui era. Un episodio, tra i tanti, per spiegare la sua cultura. Ho partecipato a un incontro con vescovi da tutto il mondo, lui ascolta e rispondeva nella varie lingue, ovviamente le più diffuse».
Sul conflitto in Ucraina, «mese dopo mese constatiamo l’orrore e la follia della guerra, ci eravamo illusi che non fosse più possibile. Abbiamo anche toccato con mano quanto la pace è difficile, una specie di miracolo. Ma per far smettere le armi si deve ricominciare a parlare di pace, è ancora sicuramente possibile».
Sulle prossime elezioni regionali e amministrative: «Ai candidati chiedo che si impegnino per il bene comune, farlo diventare il fine di ogni loro azione. Auspico che si mettano al servizio delle istituzioni e che il confronto tra i vari soggetti, pur di parti contrapposte, sia sempre collaborativo e costruttivo».
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