Il suono che cura: il lettino sonoro cerca nuovi operatori
«Crea un’esperienza a cui non siamo più abituati: permette di sentire con le orecchie l’onda sonora ed ascoltare con il resto del corpo la vibrazione che quel suono produce. Esattamente come essere nel grembo materno. L’effetto? Un rilassamento rapido e profondo che ci mette in contatto con la parte più intima di noi stessi».
A parlare è Alfredo Bigogno, architetto bresciano, inventore del lettino sonoro che arriva come evoluzione delle incubatrici usate nel Reparto di Terapia Intensiva Neonatale al Civile, al San Raffaele di Milano, a Reggio Emilia, a Pavia e a Cagliari, che permettono ai piccoli pazienti di sentire oltre al suono, anche le vibrazioni della voce materna, e dell’Album Sonoro Famigliare, l’App Mami Voice che consente la registrazione e la conservazione delle voci che appartengono al nostro universo sonoro, dove la voce della mamma registrata in gravidanza può essere la prima immagine sonora del diario.
Dopo una sperimentazione lunga quattro anni capace di coinvolgere circa 400 persone tra cui anche gli ospiti dell’Anffas di Toscolano Maderno e stati di coma al Don Orione di Bergamo, il lettino di Bigogno approda in una struttura come quella della Fondazione Sospiro in via Mantova dove viene usato nel primo Spazio Mami Voice nel «prendersi cura» dei disabili.
«Con le persone disabili è ancor più evidente l’efficacia di questo sistema fatto di suoni e vibrazioni. I riscontri che abbiamo raccolto ci parlano di un aumento dei livelli di attenzione e in generale, dopo la seduta la persona è più tranquilla, si nota un aumento dell’indice di felicità».
Nuovi operatori. Proprio perchè il sistema è stato integrato all’interno del distaccamento bresciano della Fondazione Sospiro, per Bigogno è importante la formazione di nuovi operatori. «Servono persone da formare affinché l’uso del lettino possa essere potenziato». La persona che decide di provare questa esperienza viene fatta sdraiare sul lettino, realizzato seguendo le regole della proporzione aurea, in abete rosso della Val di Fiemme (la stessa usata per i violini).
Montati al lettino i vibrotrasduttori che trasferiscono al legno la vibrazione della sonorità che si vuole produrre, l’altoparlante diventa il corpo, pervaso dal suono e dalle vibrazioni che lo producono. Generalmente si usano dei vocalizzi armonici, le sonorità dell’arpa celtica o del pianoforte, ma anche le campane tibetane suonate direttamente sul legno, la chitarra elettrica è collegata ai vibrotrasduttori. Per il futuro, il progetto ha come obiettivo il poter usare, in terapie psicologiche, le sonorità famigliari conservate con l’App Mami Voice.
Chi fosse interessato a conoscere più da vicino le applicazioni del lettino sonoro per diventare un operatore o solo per una semplice esperienza può contattare Alfredo Bigogno al numero dell'Associazione MAMI VOiCE 335 70 78 314 (info@mamivoice.com).
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