Il rischio «contagio di ritorno», Italia chiusa fino al 3 maggio

Nonostante i numeri siano buoni, il governo sceglie la linea della massima cautela. La ripartenza necessita di una riorganizzazione adeguata
Il personale sanitario al Civile - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Il personale sanitario al Civile - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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L'Italia rimarrà in lockdown almeno fino al 3 maggio. Dopo giorni di riflessione, il governo sceglie la linea di massima cautela e si appresta a rinnovare con un nuovo provvedimento tutte le misure di contenimento e le limitazioni agli spostamenti per altri 20 giorni concedendo solo aperture «mirate» per qualche attività produttiva. Non solo: con una circolare il Viminale rafforza i controlli per Pasqua, chiedendo alle forze di polizia una particolare attenzione per evitare che gli italiani si riversino nelle seconde case. Gli appelli di Confindustria a far ripartire l'economia affinché l'attuale recessione «non diventi depressione» per il Paese, la «spinta» di parte della stessa maggioranza - con Italia Viva a fare da capofila - e l'andamento positivo dei dati non sono stati dunque sufficienti per convincere il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a riaprire il paese.

«Al momento non siamo nelle condizioni di riaprire le attività produttive perché rischieremmo di far risalire la curva dei contagi e di vanificare i risultati ottenuti», ha spiegato durante la videoconferenza con Regioni, Anci e Upi sottolineando che l'apertura a fine aprile avrebbe rappresentato un incentivo al movimento dei cittadini visti i due ponti in arrivo, il 25 aprile e il 1 maggio. Due weekend, come quello di Pasqua, che già da giorni sia il Comitato tecnico-scientifico sia il Viminale avevano indicato come a rischio esodo nel caso in cui si fossero concesse delle aperture.

Ed infatti la circolare del Viminale per intensificare i controlli nelle festività pasquali verrà replicata anche per i due ponti. «È del tutto evidente - scrive il capo di gabinetto del ministro Matteo Piantedosi - che, nell'attuale contesto... non sarà possibile per la popolazione effettuare i consueti trasferimenti verso località a richiamo turistico» e dunque è necessario «dedicare la massima attenzione nella predisposizione di mirati piani di rafforzamento della vigilanza e del controllo» sia all'interno dei comuni sia tra località diverse, «compreso il divieto di recarsi nelle seconde case utilizzate per le vacanze».

I controlli della Polizia stradale a Mazzano - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
I controlli della Polizia stradale a Mazzano - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

D'altronde il ragionamento degli scienziati da giorni è sempre lo stesso: basta poco a far ripartire il contagio. «Il rischio è una seconda ondata» conferma il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, che vanificherebbe tutto il lavoro fatto finora. Nel governo ha dunque prevalso la linea più prudente, quella del ministro della Salute Roberto Speranza che - appoggiato dagli scienziati - ha svolto una opera di persuasione sugli alleati di governo. La stessa del ministro delle Autonomie Francesco Boccia che ha risposto senza giri di parole a Confindustria: «Abbiamo le idee chiare: dobbiamo mettere in sicurezza la salute degli italiani».

Dopo Pasqua a riaprire saranno quindi davvero in pochi: piccole attività legate alla filiera alimentare e sanitarie, qualche azienda meccanica, forse cartolibrerie e librerie. E questo nonostante i numeri siano incoraggianti da quasi una settimana: le terapie intensive scendono per il sesto giorno consecutivo e fanno registrare 99 pazienti in meno rispetto a ieri mentre i ricoveri negli ospedali mantengono il segno meno ormai da 5 giorni.

Oggi sono 28.399 le persone ricoverate, 86 in meno rispetto a mercoledì su un totale di 96.877 malati. Significa che il sistema sanitario si sta alleggerendo, soprattutto in Lombardia, la regione più martoriata che ha il triste primato di oltre 10mila morti - più del 50% del totale - e un terzo dei malati in terapia intensiva. Ma sulla decisione del governo ha pesato anche un altro aspetto. 

Per uscire dal lockdown il paese deve dotarsi di linee guida valide su tutto il territorio nazionale per i test sierologici, vale a dire gli esami che consentiranno di individuare i potenziali «immunizzati», dunque coloro che possono tornare a circolare senza mettere a rischio se stessi e gli altri. Ma ad oggi, come hanno ribadito sia Speranza ai governatori e ai sindaci sia Locatelli in conferenza stampa, quel test ancora non c'è e soprattutto non ci sono risposte scientifiche sicure. «Abbiamo fatto passi ulteriori - ha spiegato il presidente del Css - il campione sarà preso considerando il genere della popolazione e sei fasce di età come indicato dall'Istat. E verrà scelto un test con elevata sensibilità, specificità, applicabilità larga su tutto il territorio nazionale e in grado di dare risposte rapide». Non solo.

Per ripartire servirà anche riorganizzare tutti i territori in maniera adeguata: centri Covid in tutte le regioni, test e tamponi, interventi decisi sulle Rsa, hotel per la quarantena di chi non può farla a casa, regole sul distanziamento sociale in ogni ufficio, fabbrica, negozio, e sull'uso delle mascherine. Un lavoro che richiederà ancora settimane, con la fase due rimandata ancora, stavolta a maggio.

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