Il rettore Francesco Castelli: «L’ateneo è in crescita, nuove sinergie con Bergamo»

Anche se da un annetto ha superato la soglia degli «anta», l’Università di Brescia è ancora in fase di crescita
Il rettore dell'Università degli Studi di Brescia Francesco Castelli - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Il rettore dell'Università degli Studi di Brescia Francesco Castelli - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Questa intervista è parte del progetto «Interviste allo specchio», condiviso con L’Eco di Bergamo e nato in occasione del 2023, l’anno che vede i due capoluoghi uniti come Capitale della Cultura 2023. Ogni domenica i due quotidiani propongono l’intervista a due personaggi autorevoli del mondo culturale (nell’accezione più ampia), uno bresciano e uno bergamasco, realizzate da giornalisti delle due testate. Di seguito trovate l’intervista al personaggio bresciano. Per scoprire il contenuto dell’intervista all’omologo bergamasco, invece, vi rinviamo a L'Eco di Bergamo (in calce all’intervista trovate il link diretto alla pagina dedicata del quotidiano orobico).

Anche se da un annetto ha superato la soglia degli «anta», l’Università di Brescia è ancora in fase di crescita. Tanto da espandersi anche nelle province limitrofe e da instaurare inedite sinergie con l’ateneo di Bergamo. Ma forse la crescita che più balza all’occhio è quella nel numero di studenti. Il dato è addirittura in controtendenza rispetto a quello nazionale: se in Italia le matricole calano del 3%, all’UniBs invece il segno è positivo: +4,86%.

Professor Castelli, quale segreto sta dietro a questo fenomeno?

Io credo che la crescita sia dovuta alla qualità dell’offerta formativa: siamo una Università che sta facendo bene la sua parte, pur nei limiti di un panorama nazionale sempre un po’ critico.

La Statale cresce anche insieme al suo territorio, in grado di assorbire un buon numero di laureati...

È vero, siamo l’Università pubblica con il maggior tasso di occupazione a un anno dalla laurea magistrale: circa il 90%. Questo significa anche che i nostri laureati competono molto bene sul mercato del lavoro.

Purtroppo però c’è sempre qualcuno che si perde per strada. Quali azioni si è deciso di intraprendere contro gli abbandoni?

Nel prossimo futuro vogliamo ridurre il numero di coloro che interrompono gli studi, mettendo in campo azioni di tutoraggio, di sostegno e di reindirizzo verso altri corsi.

Molto però è già stato fatto sul lato economico: per esempio sulle tasse...

Nei limiti del nostro campo di azione abbiamo cercato di ridurre al massimo le contribuzioni studentesche, andando anche ad aumentare la no tax area. L’anno prossimo avremo una quota maggiore di studenti che potranno seguire le lezioni universitarie con il minimo impatto sull’economia familiare. Aggiungo che la Statale attira sempre più studenti dal resto d’Europa, e che guarda anche ai Paesi meno fortunati. Oggi circa il 7% dei nostri iscritti, quindi oltre mille, non sono cittadini italiani.

L’UniBs ha dunque una spiccata tendenza alla internazionalizzazione, ma sta diventando anche punto di riferimento per l’area della Lombardia Orientale. Come sono i rapporti con i «vicini di casa»?

Nei primi mesi del mio rettorato ho tenuto molto a rafforzare i contatti con le istituzioni e con le nostre sedi presenti sia sul territorio cremonese sia sul territorio mantovano. Si sta sviluppando inoltre una sinergia sempre maggiore con l’Università di Bergamo, con la quale sono stati intrapresi percorsi comuni. Venerdì ero con il rettore di Bergamo ad Alzano Lombardo per inaugurare una ulteriore sede di insegnamento in Infermieristica. Il corso di laurea è dell’Università di Brescia, ma verrà attivato proprio in collaborazione con l’ateneo orobico. È una collaborazione importante che risponde al bisogno di aumentare i professionisti sanitari. Spero che le sinergie aumentino: Brescia e Bergamo non sono solo vicine, ma hanno pure numerose caratteristiche comuni.

Sul piano della terza missione come si sta muovendo?

Innanzitutto non la chiamerei terza missione: dà l’idea che venga dopo la prima e la seconda, e che sia un po’ la cenerentola. Anche il ministero cambierà nome a questo aspetto fondamentale della vita universitaria. Si va peraltro sempre di più verso il coinvolgimento dell’università con il tessuto sociale, le amministrazioni comunali, le organizzazioni del terzo settore, le scuole. L’università può favorire una crescita complessiva.

Il territorio può invece aiutare l’università nella sfida contro la fuga dei cervelli?

È una sfida molto complessa, che da soli non possiamo vincere. Il Governo ora ha messo a disposizione risorse per i dottorati, che non sono più solo l’anticamera della carriera accademica, ma rappresentano anche un collegamento tra università e imprese. Indispensabile sarà aumentare le retribuzioni proprio per i giovani dottorati.

Leggi l’intervista a Sergio Cavalieri, rettore dell’Università degli Studi di Bergamo, su L’Eco di Bergamo >>

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