Il quid che prima non c'era
Ci voleva il 56° Rapporto del Censis per metterci davanti allo specchio e mostrarci i nostri volti malinconici e spaventati dagli eventi globali che hanno reso fragili e confuse le nostre aspettative di futuro. Il Covid in questi giorni decembrini ancora morde duramente la vita delle persone, sfiancandone le energie; la guerra in Ucraina a tratti continua a sembrarci irreale, tanto ci è giunta inattesa e crudele. E poi ci sono le preoccupazioni più minute: l’inflazione in crescita, la crisi energetica, le bollette che apriamo sempre con un po’ di apprensione…
Viviamo così, come si può, e sentiamo dentro un grande vuoto e un bisogno. Ma di cosa?
Se guardiamo quanto sono affollati gli spettacoli dal vivo (prosa e concerti soprattutto) nella nostra città, qualche risposta si potrebbe tentare. Ma a parlare è soprattutto - tra le file di poltrone affollate - il clima di palpabile entusiasmo che si avverte, quell’elettricità che corre da uno all’altro degli spettatori, quel quid che prima del Covid non c’era e adesso è così evidente.
Abbiamo un disperato bisogno di senso, di bellezza, e anche di sorriso, di leggerezza. Non siamo più nel campo del superfluo: oggi poter fruire della cultura, della musica, dell’arte è ciò che ci ricorda ancora che siamo uomini.
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