Il punto sul disastro della Caffaro
Servono 920 milioni di euro per rimediare al disastro causato dalla Caffaro a Brescia.
La cifra è stata messa nero su bianco dalla Commissione bicamerale d’inchiesta sulle Ecomafie nella relazione depositata in questi giorni e dedicata ai siti contaminati di Torviscosa, Colleferro, Galliera e, per l’appunto, Brescia, con estensioni fino alla Franciacorta.
Il rapporto è impietoso nel ricordare come a diciassette anni dall’esplosione del caso in città «non sia stato realizzato nessun intervento risolutivo» per la bonifica del sito. Tanto più che l’inquinamento da pcb prosegue: secondo l’Arpa, ogni anno 200 chilogrammi di mercurio e 280 chilogrammi di pcb finiscono in falda». Dato che la vecchia Caffaro, attualmente nel gruppo Snia, è in amministrazione straordinaria «i costi sono destinati a ricadere sulla pubblica amministrazione». Cioè, su tutti noi.
Se gli interventi risolutivi non ci sono, i progetti esaminati dalla Commissione sono ritenuti «poco credibili» o, nel caso della falda, inadeguati a contenere l’inquinamento. Il pcb, lo ricordiamo, è considerato un cancerogeno certo dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro e sono state stabilite correlazioni con il melanoma, i linfomi non-Hodgkin e tumore alla mammella. Gli interventi di recupero ambientale sono dunque una priorità, ma, ricorda la Commissione, fino al giugno 2016 per la causa sono stati stanziati solo 14 milioni di euro. Ne mancano dunque altri 900 milioni.
Nel documento si segnalano in ogni caso i passi in avanti fatti negli ultimi anni, con le bonifiche dei parchi e la presa in carico della questione da parte del commissario Roberto Moreni, che ha concentrato l'attenzione proprio sul problema della falda. La situazione, come ha spiegato la deputata del Pd Miriam Cominelli, è complessa, ma il percorso intrapreso è quello giusto, anche se saranno necessari ancora molti anni di lavoro sul tema.
Qui sotto potete scaricare la relazione in versione integrale.
Di seguito pubblichiamo alcuni estratti del documento, in particolar modo le conclusioni.
L’inquadramento del caso
(...) Tutto è partito da una indagine giornalistica dell'estate 2001, che ha rivelato che nell'area prossima al limite sud del sito aziendale - storicamente occupato dall'unica industria chimica italiana produttrice del PCB (policlorobifenile) fino all'anno 1984 - i terreni agricoli e le acque sotterranee risultavano gravemente inquinate dal principale composto chimico prodotto dall'azienda. Si tratta dello stabilimento Caffaro, situato nell'area nord - occidentale del sito di interesse nazionale Brescia Caffaro, occupa complessivamente una superficie di circa 11,6 ettari di cui circa 4 ettari di aree dedicate a piazzale o alla viabilità interna e circa 7 ettari occupate da edifici e strutture impiantistiche. L'area anzidetta insiste all'interno del sito di interesse nazionale "Brescia-Caffaro" che, nella perimetrazione ministeriale del 2016, ha un'estensione superficiale di 262 ettari e interessa la falda sottostante per un'area pari a 2.109 ettari. Le attività produttive nello stabilimento Caffaro di Brescia hanno inizio nel 1906. Inizialmente nello stabilimento veniva prodotta soda caustica in un impianto di elettrolisi con celle a catodo di mercurio e con produzione contemporanea di cloro, gas e idrogeno. Successivamente nello stabilimento la produzione è stata estesa a una serie di sostanze chimiche destinate ad applicazioni nel settore industriale e agricolo. Negli anni '30, la società Caffaro iniziò, per la prima volta in Italia, la produzione di una serie di cloroderivati organici, inclusi i PCB (policlorobifenili) e il clorocaucciù. Nel 1984 cessa la produzione di PCB. (...)
Le conclusioni
All'esito della disamina della situazione di grave di inquinamento in cui versa il territorio bresciano, tre sono le situazioni sulle quali la Commissione di inchiesta intende focalizzare la propria attenzione.
Allo stato attuale la situazione è la seguente:
1) I terreni dello stabilimento Caffaro sono ancora inquinati;
2) La barriera idraulica non è completamente a tenuta e fa passare l'inquinamento dallo stabilimento verso le zone di valle;
3) L'acqua della falda acquifera emunta dallo stabilimento non è adeguatamente decontaminata e lo scarico di tali acque sta, a sua volta, contaminando sia le acque, sia i sedimenti delle rogge acquifere circostanti.
La conseguenza è che l'inquinamento si propaga da anni e si sta espandendo sempre di più verso i siti esterni dello stabilimento, interessando ad oggi anche aree esterne alla perimetrazione del SIN Brescia - Caffaro. Il soggetto obbligato alla bonifica del sito è la Caffaro Chimica Srl in liquidazione, in amministrazione straordinaria e le società a cui essa fa riferimento (Caffaro Srl e SNIA), mentre il soggetto obbligato alla gestione corretta ed efficace della MISE (Messa in sicurezza d’emergenza) e al disinquinamento delle acque di falda contaminate è la società Caffaro Brescia Srl, attuale gestore dell'attività produttiva dello stabilimento.
Nonostante le reiterate richieste, da parte del Ministero dell'ambiente alla Caffaro Chimica Srl in amministrazione straordinaria, affinché proceda alla bonifica del sito, e alla Caffaro Brescia Srl affinché proceda alla decontaminazione e alla messa in sicurezza delle acque di falda, finora non è stato realizzato nessun intervento risolutivo per la ragione ribadita più volte dal commissario straordinario - e da ultimo nella nota del 5 aprile 2017 - che la procedura non dispone di attivo e che, di conseguenza, è impossibilitata a intervenire sulle tematiche ambientali.
Allo stato, si versa in una situazione di stallo, in quanto, per un verso, l'attuale gestore dello stabilimento, la Caffaro Brescia Srl, non provvede a trattare tutta l'acqua emunta per gli elevati costi che tale operazione comporta, tant'è che tant'è che, anche nell'ottica di una diversa strategia industriale, ha programmato il trasferimento a Bussi, in Abruzzo, della propria attività industriale, e, per altro verso, l'attuale barriera idraulica è comunque inadeguata, in quanto non ferma completamente il flusso di acqua sotterranea, consentendo all'inquinamento di spostarsi verso valle.
Rimangono, pertanto, in causa ad affrontare i problemi dell'inquinamento del sito il commissario straordinario delegato del SIN, per il Ministero dell'ambiente, Roberto Moreni, e il comune di Brescia.
Quanto al danno ambientale, come si è visto, la valutazione dell'ISPRA del mese di settembre 2016 ne riduce la stima, portandola dal valore di euro 1.452.807.700 (ovvero di euro 1.553.807.700, quale risulta dalla stima allegata alla nota trasmessa al Ministero dell'ambiente in data 5 febbraio 2009 (doc. 1876/11) a un valore, che si attesta tra un minimo di euro 43.911.290 e un massimo di euro 95.598.690.
Per le considerazioni espresse nel precedente paragrafo n. 8, la Commissione ritiene:
1) che l'attuale valutazione di stima del danno da parte dell'ISPRA non corrisponde alla realtà, posto che il valore massimo indicato di euro 95.598.690 appare del tutto sottostimato;
2) che, pur essendo sovrastimata la valutazione effettuata dall'ISPRA nel 2009, il valore effettivo del danno è prossimo a quest'ultima valutazione, piuttosto che a quella del 2016;
3) che, per una stima reale del danno vanno approfonditi in particolare i progetti di bonifica dello stabilimento e della falda, che si ritiene siano quelli meno credibili nell'attuale stima.
In particolare, rimangono molto elevati i costi per il risanamento dei suoli e della falda compresi nell'area dello stabilimento, già quantificati, rispettivamente, in euro 209.886.200 e in euro 710.650.000 (totale euro 920.536.000). Questi ultimi valori appaiono più credibili rispetto all'attuale stima, che riporta un costo nel massimo di euro 50.307.900 per la bonifica dello stabilimento e un costo nel massimo di euro 12.775.000, per la bonifica della falda sottostante lo stabilimento.
Tuttavia, non può essere sottaciuto che ci si trova di fronte a mere valutazioni, e non di fronte a un progetto approvato, com'è accaduto per il SIN di Torviscosa.
Si tratta di un dato non di poco conto, ai fini dell'ammissione al passivo del credito per il ripristino ambientale vantato dal Ministero dell'ambiente nei confronti delle società Caffaro e SNIA, considerato che i giudici di merito di Udine e di Milano non hanno attribuito alcuna valenza probatoria alle valutazioni dell'ISPRA.
Pertanto, per conoscere i costi effettivi della bonifica o di messa in sicurezza permanente delle acque sotterranee e del risanamento ambientali del suolo e del sottosuolo dell'area dello stabilimento Caffaro, sarà necessario attendere i progetti che saranno elaborati dalla Aecom Urs Italia Spa, aggiudicataria della relativa gara di appalto, effettuata dal commissario straordinario delegato del SIN Brescia-Caffaro, Roberto Moreni.
A tale proposito, merita di essere segnalato il "Patto tra Stato e regione Lombardia", che ha attribuito al SIN Brescia Caffaro la somma di euro 30 milioni, a valere sui fondi di coesione, somma che deve essere aggiunta alle risorse finanziarie, pari a euro 20.918.263, già in possesso del commissario Moreni.
Invero, proprio il "Patto tra Stato e regione Lombardia", con l'attribuzione dei fondi anzidetti, ha consentito al dottor Moreni di indire la gara d'appalto e non v'è dubbio che, se i fondi oggi a disposizione del commissario delegato non saranno sufficienti, vi saranno ulteriori interventi integrativi dello Stato e della regione Lombardia, come ha auspicato il commissario delegato, nel corso della sua audizione.
In tale contesto operativo, si sta rivelando significativo e altamente positivo l'impegno congiunto del commissario delegato del SIN, Roberto Moreni, e del Comune di Brescia, quale soggetto attuatore delle politiche commissariali. Invero, a partire dal 2013, sono iniziate le opere di bonifica dei parchi pubblici, descritte dal sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, nel corso della sua audizione.
Infine, la Commissione di inchiesta ritiene corretto l'approccio del commissario delegato al problema, avendo egli focalizzato la propria attenzione sull'area dalla quale si origina l'inquinamento, che si estende poi a macchia d'olio sull'intero territorio bresciano.
Altrettanto corretto appare l'approccio al problema dell'inquinamento delle aree agricole del territorio bresciano, lì dove il dottor Moreni, resosi conto che non è possibile, a causa dei costi molto elevati, eseguire la bonifica dell'intera area SIN, pari a 250 ettari, suggerisce di adottare soluzioni caso per caso, volte a coniugare sicurezza e convivenza, tenuto conto delle caratteristiche specifiche del maggiore inquinante, il PCB e considerato che vi sono coltivazioni immuni da questo particolare inquinante.
A tale proposito, diventa rilevante il ruolo dell'Agenzia di tutela della salute (ATS), chiamata a a valutare le varie tipologie di produzioni agricole consentite sui terreni inquinati di proprietà dei privati, mediante la raccolta e l'analisi di un numero sufficiente di campioni dei vari prodotti agricoli, in maniera da garantirne la loro sicurezza sul piano alimentare.
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