Il messaggio politico (da interpretare) del referendum sull’acqua
Ogni tanto bisogna mettere assieme le mele e le pere. Perché ci sono dubbi sul fatto che il referendum di ieri sull’acqua a Brescia non possa essere considerato un successo. Ma è altrettanto vero che per la maggioranza che guida la Provincia, cioè il Pd con Samuele Alghisi, non si apre uno scenario facile.
Guardando ad altre elezioni, si vede bene come i 210mila bresciani circa che domenica hanno votato sì sono ben superiori al numero degli elettori dello stesso Pd nelle provinciali del 2009, circa 130mila, o di ciascuno dei due partiti andati poi al governo (Pdl 175mila, Lega 171mila). Tutto ciò, anche considerando i circa 40mila aventi diritto in più in questa tornata referendaria.
Un voto, peraltro, nato dal basso e non aiutato da un sostegno convinto dei partiti, compresi quelli che si dichiaravano a favore del sì. La mobilitazione istituzionale a Limone, dove l'affluenza è stata del 48%, o in molti comuni della Valcamonica, con percentuali ben al di sopra del 30%, ha mostrato inoltre come le cose sarebbero potute andare diversamente.
Se poi ci concentriamo sul Comune di Brescia, alle elezioni di marzo 2018 il Pd ha preso quasi 27mila voti, mentre i sì al referendum sono stati 30mila. Numeri che mettono a confronto esperienze elettorali ben diverse, ma che al tempo stesso mostrano come per la Provincia ci sia un messaggio politico tutto da interpretare. E non sarà facile, dato che nel frattempo Acque Bresciane deve capire cosa sarà del proprio futuro, in considerazione del fatto che da qui al 2045 servono un miliardo e mezzo di investimenti nel sistema idrico bresciano.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato