Il ciclista è obbligato a pedalare su un percorso ciclopedonale?

La questione, sollevata sulla scorta di un episodio di cronaca, è oggetto di un parere ministeriale sollecitato proprio da un bresciano
Il cartello che indica un percorso «pedonale e ciclabile» (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
Il cartello che indica un percorso «pedonale e ciclabile» (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
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Utilizzare una pista ciclabile, ove ce ne sia una, è un obbligo di legge. Lo dice a tutti i ciclisti il Codice della Strada, nell'articolo 182 comma 9, il cui dettato evidenzia, ahinoi, quanto il testo normativo principe per chi circola sia datato. Già, perché si parla di «velocipedi» (termine più desueto che tecnico, ndr) tenuti «a transitare sulle piste loro riservate quando esistono».

La questione, sollevata ora sulla scorta di un episodio di cronaca, si complica quando si tratti di un tracciato non riservato in via esclusiva alle due ruote, ma di un «percorso pedonale e ciclabile», quello indicato per intenderci da un cartello come quello nella foto in alto, con pedone e bicicletta bianchi in campo blu non separati da alcuna linea.

Il tema è stato a suo tempo posto proprio da un bresciano, l'ingegner Enrico Chiarini di Montichiari, professionista che si dedica al contempo alla bicicletta e a tutto quello che attiene alla mobilità a due ruote anche in veste di responsabile nazionale dell'area tecnica di Fiab, la federazione che ha da poco mutato il proprio nome da Federazione italiana Amici della Bici in Federazione italiana Ambiente e Bicicletta, a ribadire che ciclabilità e sostenibilità si tengono.

L'ombra di un ciclista su una ciclabile (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
L'ombra di un ciclista su una ciclabile (archivio) - © www.giornaledibrescia.it

Nell'ottobre 2008, Chiarini interpellò il Ministero dei Trasporti (nella fattispecie la Direzione Generale del Dipartimento della Motorizzazione e della Sicurezza del Trasporto Terrestre) chiedendo proprio se quanto previsto per le piste ciclabili - l'obbligo di utilizzo da parte dei ciclisti - fosse da estendere anche ai percorsi pedonali e ciclabili.

La risposta, protocollata nel gennaio 2009, fu negativa, in considerazione del fatto che tale tipologia di tracciato (sulla scorta dell’articolo 4 comma 5 del D.M. 30/11/1999 n° 557), «non può considerarsi quale pista riservata alla circolazione dei velocipedi secondo la definizione che ne dà il Codice della Strada all'articolo 3, proprio perché ammette la circolazione promiscua di velocipedi e pedoni».

Una ciclista in sella (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
Una ciclista in sella (archivio) - © www.giornaledibrescia.it

«La nostra normativa non è priva di aspetti contraddittori - commenta oggi Chiarini - e già il fatto che sia stato necessario chiedere un parere evidenzia che il dettato di legge non chiarisce di per sé in maniera esplicita questo punto, al pari di altri. Tuttavia, il parere fu formulato su indizi normativi che non sono mutati nel corso di questo decennio e pertanto non vedo motivo per cui possa essere considerato superato».

L'indicazione poggia tra l'altro su un aspetto: i percorsi «pedonali e ciclabili» scrive il ministero, sono concepiti in zone a prevalente traffico pedonale nelle quali non possa trovare spazio in sede propria un tracciato riservato alle bici. «Basti pensare – chiarisce l’esperto – che in caso di conflittualità dovuta ad una forte presenza di pedoni, su questi tracciati proprio i pedoni hanno la priorità».

«La materia - sottolinea tuttavia Chiarini - è di stringente attualità. L’aspetto non è in altre parole di semplice trattazione quando si ha a che fare con questioni assicurative e responsabilità di tipo civile o penale. Tanto che non mancano ricorsi in via giudiziaria». Quanto alla giurisprudenza, sottolinea l’esperto «conosco almeno due casi in cui in presenza di percorso pedonale e ciclabile non utilizzato dal ciclista, è stata data ragione a quest’ultimo».

La mobilità ciclabile non sempre è stata tenuta in adeguata considerazione (archivio) © www.giornaledibrescia.it
La mobilità ciclabile non sempre è stata tenuta in adeguata considerazione (archivio) © www.giornaledibrescia.it

Di fondo in molti casi («non certo in quello di Salò, che ritengo anzi virtuoso») per Chiarini resta un aspetto da considerare: «Quello per il quale Fiab si va battendo da tempo: la ciclabilità è un tema spesso sottovalutato, le soluzioni progettuali e urbanistiche sono state spesso adottate sulla scorta di una considerazione marginale. Troppo spesso, cioè, la ciclabilità non è stata intesa nel quadro del trasporto in modo completo e nella prospettiva d’insieme dello sviluppo di una mobilità sostenibile».

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