Il cane ruba la gallina, lui spara e lo uccide: condannato
Comunque vada a finire il dibattito politico sulla legittima difesa, la Cassazione - affrontando un caso di reati contro gli animali - afferma che non può essere riconosciuta la giustificazione di aver agito in stato di necessità in favore di chi spara a un cane in fuga dopo il furto di una gallina.
È stata infatti confermata dalla Suprema Corte la condanna, la cui entità non è nota, nei confronti di un contadino bresciano che aveva sparato, uccidendolo, al cane di un cacciatore che era entrato nel pollaio del suo podere - e non era la prima volta - e dopo aver azzannato una gallina stava fuggendo con la preda morta in bocca.
I supremi giudici hanno escluso che, come sostenuto dall'imputato, vi fosse «necessità» di sparare allo springer spaniel sfuggito al controllo del suo padrone. Correttamente, ad avviso degli ermellini, la Corte di Appello di Brescia nel novembre 2017 ha «escluso decisamente la necessità, perché ha accertato che il cane non aveva messo in pericolo l'incolumità di persone e beni, ma aveva aggredito la gallina ed era stato ucciso mentre si allontanava dopo aver compiuto il misfatto, quindi in un momento in cui non sussisteva più il pericolo ma si era già verificato il danno che, per giunta, era stato valutato dai giudici di entità economica inferiore a quello provocato con l'uccisione del cane».
Senza successo il contadino ha fatto presente che anche le galline ovaiole sono animali che hanno «atteggiamenti socialmente apprezzabili», e che lui aveva sparato per un «sentimento di pietà» per «l'uccisione ingiustificata» della gallina, tenuto anche conto che lui allevando le galline «aveva con le stesse un contatto giornaliero». Ma per la Cassazione «il tema di indagine non è quello suggestivamente proposto dello scontro di tutela della vita di animali, il cane da una parte e la gallina ovaiola dall'altra, tanto è vero che per l'uccisione della gallina è in corso un processo davanti al Giudice di pace, bensì, quello della verifica della necessità giustificante l'uccisione del cane».
In proposito, i supremi giudici sottolineano che con una valutazione che non presta il fianco a critiche, il giudizio espresso «è stato nel senso di una ritorsione dell'imputato dovuta alla rabbia per le pregresse uccisioni di galline ovaiole». Con questo verdetto, sentenza 49672, la Cassazione ha dichiarato «inammissibile» il ricorso di Franco B., il contadino di 67 anni che ha ucciso il cane di Giordano M., e lo ha anche condannato a pagare duemila euro alla cassa delle ammende. Il risarcimento del danno per la morte dello springer spaniel sarà determinato in una causa civile.
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