Il bus a idrogeno testato da Arriva non entra in flotta
Il futuro può aspettare. L’autobus a idrogeno che Arriva Italia ha testato ieri, nel deposito di via Togni, non entrerà nella flotta dell’azienda che gestisce il trasporto extraurbano. Anche l’ipotesi di acquistare un mezzo a idrogeno con le risorse del piano complementare al Pnrr resta incerta: i tempi sono stretti (i contratti di acquisto andrebbero depositati entro settembre), non vi sono veicoli a disposizione sul mercato, né stazioni di rifornimento (l’unica in Italia è a Bolzano). Ma se si vuole che nel 2030 anche i mezzi del trasporto pubblico siano a zero emissioni, il futuro va costruito oggi.
Per questo Arriva Italia ha sottoscritto un accordo con Snam4Mobility per lo sviluppo di progetti di mobilità sostenibile. Quello in rampa di lancio è la realizzazione di una stazione di rifornimento di metano dentro il deposito delle corriere di via Togni. La flotta Arriva (416 bus per Brescia), è infatti pronta per la svolta green. Entro il 2026 saranno acquistati 100 bus a gas naturale e, per il rifornimento Snam, si punterà sul biometano, così da abbattere non solo le emissioni di polveri sottili, ma anche la Co2. Dentro questo quadro c’è la presentazione avvenuta ieri del bus a idrogeno «H2 City Gold» sviluppato dalla portoghese CaetanoBus in collaborazione con Toyota. Un mezzo urbano di 12 metri a zero emissioni con un’autonomia di 400 chilometri.
«L’idrogeno è indubbiamente tra i carburanti del futuro. Sicuramente investiremo anche su questo fronte» ha spiegato Angelo Costa, amministratore delegato di Arriva Italia. Ora come ora i problemi non mancano. Un bus a idrogeno costa il triplo (700mila euro) di uno diesel (220mila euro) o a metano (270mila); anche il carburante ha un costo triplo, senza scordare la mancanza di infrastrutture di rifornimento. Snam però ci sta lavorando. «L’idrogeno ha un grande potenziale nel segmento dei veicoli pesanti per i ridotti tempi di ricarica e l’ampia autonomia» ha spiegato Daniele Lucà di Snam4Mobility.
La società sta sviluppando impianti di elettrolisi per l’idrogeno verde (si guarda all’Africa, sfruttando il metanodotto per portare poi l’idrogeno in Italia e distribuirlo in tutta Europa) e ha in cantiere lo sviluppo di una rete di distribuzione. Solo così, investendo, il sistema potrà «maturare». E avvicinare il futuro.
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