Il barattolo d’oro di don Marco Mori: «Teniamo viva la speranza»

Il quaderno posto in chiesa è diventato virtuale: ogni giorno sul telefonino arriva una riflessione
Don Marco nella sua parrocchia - Foto © www.giornaledibrescia.it
Don Marco nella sua parrocchia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Un barattolo dipinto color oro con dentro «tutto quello che di speranza trovate, tutti i singoli pezzettini, anche i più piccoli. Custoditeli. Tirateli fuori quando sentirete freddo o vedrete buio. Ci siano dentro le parole delle preghiere, i lamenti degli ammalati, le piccole risate dei vostri bambini, le sopite attese degli amori degli adolescenti, i progetti dei giovani, la tenacia delle mamme e la fortezza dei papà, la saggezza dei nonni».

Un barattolo che poi, dalla tavola di ogni casa, viene condiviso con tutta la comunità. Il tramite di questa diffusione di speranza che ogni giorno puntuale arriva sui telefonini è don Marco Mori, parroco di San Polo, sacerdote inarrestabile nel creare iniziative per tenere viva la vita della Chiesa locale anche al tempo dell’emergenza da coronavirus.

E così quel quaderno posto in fondo alla parrocchiale per raccogliere i pensieri, le paure, le ansie di chi vive nel quartiere, man mano che le misure sugli spostamenti sono diventate sempre più restrittive è diventato virtuale. Perché ovviamente il lockdown mica poteva fermare don Marco. Nella fase 2 della sua iniziativa (chiamata appunto «Barattolo d’oro») il sacerdote ha deciso di unire simbolicamente Brescia e Bergamo, appunto le due città più colpite dal virus.

«Quando non si sa cosa pensare e c’è confusione nella testa e nel cuore, io mi rivolgo agli amici - ha scritto don Mori -. Perché quando non si riesce ad avere un’idea bisogna, pazientemente, cercarla e costruirla con gli altri. Vi ho chiesto di scrivere i vostri pensieri. Vi ringrazio, amici! Ma non mi bastava. Allora ho pensato ad un altro amico, che si rispecchiasse con la sua saggezza ed esperienza dentro questi pensieri. Fra l’altro, è un amico bergamasco. Gli ho scritto e di seguito trovate la mia lettera. Si chiama Ivo Lizzola e insegna tante cose all’Università di Bergamo, di cui è stato anche preside nella facoltà di scienze della formazione».

Scrive Manuel, guida dell’oratorio: «Le parole che ricorrono più assiduamente nella mia testa sono paura e speranza. Se da una parte la paura mi limita la vita, mi fa vivere male, mi blocca impedendomi una vita sociale, dall’altra incrocio le dita perché vada tutto per il meglio cercando di non perdere ogni speranza». Riflette un parrocchiano: «In queste settimane dobbiamo proprio gridarlo il bene e il bello, il positivo che troviamo attorno a noi, e dobbiamo gridarlo perché non posso permettere che nella mia vita prenda il sopravvento il negativo, l’egoismo, l’assenza assoluta di senso comunitario e civico che vedo attorno a me». Sottolinea Ivo in un suo commento: «Poi arrivano le prove, e le domande si fanno ultime, e prime, hanno i volti stanchi o impauriti di chi chiede attenzione, o cura, o conforto, o aiuto. O i volti di chi reagisce con rancore o egoismo. Allora devi decidere il tuo sguardo: assumere quello disilluso e giudicante che rischia il distacco, o cercare, mentre guardi fratelli e sorelle, quello del Padre che guarda i figli, cercando i semi buoni della sua chiamata e delle sue indicazioni?».

Il «Barattolo d’oro» ogni giorno si riempie di nuovi messaggi, e poi prende il volo, perché, come ha scritto don Marco, «nessuno di noi può vivere da solo anche in tempo di isolamento. Cosa te ne fai tu di tutte le tue citazioni se adesso non le puoi condividere? Cosa me ne faccio io di tutte le mie strutture e attività se adesso la chiesa è vuota e l’oratorio è desolato? In fondo la morte più profonda che stiamo vivendo è qui: nella solitudine di quelli che se ne vanno, nel silenzio attonito dei viventi, nel vuoto della mente che ci prende in alcuni momenti e ci ipnotizza con la sua immane forza».

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