I sólcc e la póra: tasse, santità e camerlitani

L’orgoglio della màla e la tignosità dello sparnèga vintì
Quando si parla di soldi bisogna stare attenti e mai andar fuori misura
Quando si parla di soldi bisogna stare attenti e mai andar fuori misura
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«Sólcc e póra, mai ’vìcc». Soldi e paura? Mai avuti. Il vecchio motto - non un semplice modo di dire, ma quasi l’orgogliosa rivendicazione di appartenenza ad una màla tutta nostrana - mi è stato ricordato da un amico carmelitano doc dopo l’ultima puntata di Dialèktika sui soldi in bresciano. Paura mai averne, dunque. Neanche nell’accogliere correzioni e suggerimenti.

E io accolgo volentieri quello di Ivan, che indica per il termine bresciano ghèl (soldo, ma anche centimetro) la pista che porta al tedesco geld (per i germanici vuol dire soldo, è legata al verbo gelt che significa contare e naturalmente si legge con la «g» dura). Alle spalle del tedesco geld - ma anche all’inglese geld per tassa - ci sarebbe un latino medievale geldum usato per indicare tributi e pagamenti.

Insomma, quando si parla di soldi bisogna stare attenti e mai andar fuori misura. Anzitutto per l’antico proverbio secondo il quale «sólcc e santità, metà de la metà». E poi perché - come ricordava decenni fa con bresciana crudezza il maturo acciaiere all’imberbe cronista che lo aveva appena intervistato - «i coiòmber del cà e i sólcc del poarèt i-è i prìm che sa ’èt». E intanto si allacciava un caldo cappotto cammello tutta sostanza, che nulla voleva concedere ai fronzoli dell’apparenza.

Ma anche l’eccessivo «tègner a mà» diventa oggetto di critiche. Perché se siete tignosi e offrire con generosità vi fa paura, c’è subito chi vi bolla come «sparnèga vintì» (termine che ci viene ricordato da Mirko), cioè come uno che regala solo briciole... Allora molto meglio i carmelitani e il loro motto: «Sólcc e póra, mai ’vìcc».

 

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