I sindacati: «Attuare subito il protocollo sulla sicurezza per fermare l’emergenza»
«Non è possibile, nel 2023, uscire di casa per andare al lavoro e non farvi più ritorno». Sono queste le parole del segretario provinciale della Cisl, Alberto Pluda, pronunciate poche ore dopo la seconda morte sul lavoro avvenuta nella giornata di ieri in provincia di Brescia.
Parole emotivamente forti, che però delineano perfettamente una situazione drammatica e tragicamente attuale. Perché da inizio anno sono quattordici le persone morte sul nostro territorio mentre lavoravano o rincasavano. Insieme a Pluda, sul tema sono intervenuti anche i segretari provinciali della Cgil e della Uil, Francesco Bertoli e Mario Bailo.
«Dobbiamo purtroppo di nuovo confrontarci con le morti e con le croniche mancanze che le determinano», sottolinea Bertoli. «Un’emergenza che sembra non arrestarsi», aggiunge il collega della Uil. Ma oltre al dolore per la morte di due operai, un giovane di 22 anni di Caorle e un uomo di 60 di casa nel Padovano, i segretari delle tre principali sigle sindacali hanno parlato di misure più dure e di attuazione del protocollo firmato a marzo.
«Siamo stati i primi, e di questo siamo orgogliosi, ad aver firmato un protocollo territoriale tra i sindacati (Cgil-Cisl-Uil, ndr) e le 13 associazioni di categoria locali - continua Pluda - Dobbiamo attuare immediatamente il programma, perché non è possibile continuare di questo passo. E l’unico modo per affrontare questa emergenza, che a Brescia è particolarmente grave, è attraverso il gioco di squadra, non ci sono altre soluzioni. Tutti quanti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. E, oltre all’informazione e alla comunicazione, serve soprattutto formazione. Sia per i datori di lavori sia per gli operai. Inoltre, è fondamentale valorizzale la figura dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls)».
Il segretario della Uil continua su questo discorso, evidenziando che «oltre 1.200 morti sul posto di lavoro all’anno in Italia sono una sconfitta di tutti quanti: delle Istituzioni, di noi sindacati e delle associazioni di categoria». Dunque si torna al tema delle responsabilità. Ma sia chiaro, per Bailo, «per cambiare approccio culturale su questo fenomeno, qualora venissero accertate colpe nella mancanza di sicurezza sul luogo di lavoro, servono pene più dure: se uno sbaglia deve andare in carcere, perché non è possibile parlare sempre di incidenti».
«Anche se abbiamo aperto interlocuzioni importanti con Enti e associazioni datoriali - aggiunge Bertoli della Cgil - la realtà quotidiana ci mette di fronte tutta la drammaticità dei morti sul lavoro e ci impone misure più stringenti in temi come controllo, organizzazione e formazione». Questo rimanda al tema del continuo confronto con le associazioni di categoria e al tavolo aperto in Prefettura. «Ma i numeri sono spaventosi - concludono -. E a volte sembra che da parte delle istituzioni e della politica in generale non ci sia la voglia di intervenire. Nel 2023 ci sono progressi ovunque, ma non sotto questo profilo».
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