I nostri vecchi e il dovere della memoria

Con il video «Perché restare» i missionari Saveriani ricordano gli anziani morti durante la pandemia
Saveriani, il progetto «Perchè restare»
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Un antico borgo dolcemente appoggiato alla montagna. Con le sue case in pietra testimoni di secoli di vita. Le stradine consumate dai passi lenti, ma costanti, instancabili. Un luogo affascinante, ma che presto, quando anche l’ultimo suo abitante se ne sarà andato, resterà senza anima, senza la spinta vitale che lo ha aiutato a sfidare il passare del tempo. E quando più nessuno trascorrerà i propri giorni in quel luogo resteranno soltanto le cose. Senza però più nessuna memoria. Come nella poesia «Perché restare» di Giorgio Caproni anche le nostre comunità, simili a quel paesino tra i monti, hanno detto addio a tanti, tantissimi anziani. I nostri vecchi, come si diceva con affetto e rispetto un tempo. Il virus spietato li ha portati via nel silenzio, lontani dai loro cari, privati di quell’ultima carezza, del conforto di occhi amorevoli. «Chi sia stato il primo, non è certo. Lo seguì un secondo. Un terzo. Poi, uno dopo l’altro, tutti han preso la stessa via. Ora non c’è più nessuno. La mia casa è la sola abitata. Son vecchio. Che cosa mi trattengo a fare, quassù, dove tra breve forse nemmeno ci sarò più io a farmi compagnia?».

L’avvolgente voce di Luciano Bertoli legge gli intensi versi di Caproni, e intanto scorrono le immagini di una natura che sembra interrogarsi sul proprio destino, dove il fiume «è appena un rumore ed un fresco dietro le foglie». È lo straordinario progetto realizzato dall’Associazione Missione Oggi, dei Saveriani di Brescia, un video per ricordare tutti gli anziani morti durante gli ultimi mesi; ideato da Giuseppe Marchetti, montato da Maurizio Pasetti e Mara Favero, le voci sono di Gabriele Reboni (introduzione) e, appunto, di Luciano Bertoli (poesia), lo si trova su www.saveriani.it/missioneoggi. All’inizio della pandemia il cinismo troppo diffuso riteneva consolatorio che ad andarsene fossero le persone con più anni. Poi ci siamo resi conto, come dice padre Mario Menin, «che la loro morte non può essere archiviata sbrigativamente, silenziosamente, come se fossero degli scarti da smaltire il più in fretta possibile, di nascosto. La loro scomparsa è perdita non solo di saggezza, ma anche di memoria». Ma come possiamo pensare di affrontare il domani se non abbiamo le radici ben salde nella nostra storia, anche e soprattutto umana?

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