I migliori sono i bambolotti anonimi
Dopo l’uscita del film «Barbie» il colore rosa è diventato molto fashion. Ragazze e signore scelgono abiti, smalti e rossetti pink nella tipica gradazione degli accessori che corredano le bambole dalle gambe lunghe e il seno prominente. Sono tante le bambine che ci hanno giocato, spazzolando i lunghi capelli e sfilando le scarpe da piedini dalla pianta convessa, benché le loro mamme non sapessero che la versione originale era nata come un giocattolo per adulti in Germania. In effetti una fondatrice della Mattel copiò pari pari la bambola chiamata «Bild Lilli», ispirata al personaggio di un fumetto a sfondo sessuale, che veniva venduta nei bar e nelle tabaccherie.
Oggi il film rende Barbie umana, alcuni trovano nel suo mondo di plastica dei precisi riferimenti sociali e una visione femminista. La rivisitazione tende a stemperare l’idea di superficialità capricciosa derivata dal benessere di cui Barbie, nelle sue innumerevoli versioni, è ancora portatrice. Mi risulta difficile immaginarla come una bambola antesignana della donna libera, poiché in qualche modo le bambine si sono immedesimate in quel mondo ricco dove l’immagine di una perfezione irraggiungibile non le ha certo aiutate a crescere o ad accettarsi.
Io ricordo di aver giocato con un anonimo bambolotto ma di aver condiviso con la mia amica del cuore una bambola esotica di colore scuro che lei aveva avuto in regalo. Le Barbie le ho regalate alle mie figlie e alle loro amichette per le festine di compleanno. Alcune costavano un botto ma facevano inevitabilmente la stessa fine: venivano spogliate degli abitini, gli accessori si mischiavano, si scambiavano o si perdevano.
Le madri soffrivano vedendo bambole da collezione scapicollate, sottoposte al taglio dei capelli e tatuate con i pennarelli. Anche il fidanzato Ken era un accessorio, subiva il medesimo trattamento revisionista e finiva per diventare un ibrido, come certi modelli che la moda attuale rende maschi improbabili sulle passerelle. Dice la famosa canzone «Barbie Girl»: «Nel mondo di Barbie la vita in plastica è fantastica». Alcuni ci hanno creduto e hanno cercato di diventare come lei e Ken attraverso la chirurgia estetica. Oggi il film è un po’ il suo funerale. Le ragazzine infatti nel 2006 cominciarono a preferire le «Bratz» perché erano punk, truccatissime con abiti più moderni. Niente dura per sempre, a maggior ragione i giocattoli che sono la realtà in cui si specchiano i bambini.
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