I genitori le avevano combinato le nozze: «Farai la fine di Sana»
«I miei genitori volevano mandare in Pakistan me e mia sorella di 21 anni per farci sposare con un matrimonio combinato mentre le altre mie due sorelle più piccole dovevano andare in un convento»: lo ha raccontato una ragazza di 23 anni di origini pakistane residente a Brescia, presunta vittima con altre quattro sorelle, dei maltrattamenti in famiglia da parte di genitori e del fratello.
Nei confronti della 23enne il padre e la madre devono rispondere del reato di costrizione o induzione al matrimonio perché secondo l’accusa volevano portare in patria la figlia maggiore per farla sposare con un uomo scelto dalla famiglia.
«Hanno iniziato a parlarmene quando avevo 16 anni, ma ho fatto finta di niente fino a quando non hanno iniziato a muoversi con i parenti in Pakistan per trovare il promesso sposo. Dicevo ai miei genitori che li avrei denunciati e già dopo la fine del liceo avevo fatto un accesso all’associazione Casa delle donne per segnalare la situazione. Non volevo scappare per non lasciare sole le mie tre sorelle più piccole» ha detto in aula la giovane.
Da quando è entrato in vigore l’articolo 558 bis del codice penale, che punisce chi organizza nozze combinate, è la prima volta che in tribunale a Brescia si celebra un processo su questa tematica.
Nel corso del processo è emerso che i genitori avrebbero minacciato la figlia che se non avesse fatto quanto da loro indicato «avrebbe fatto la fine di Sana».
Il riferimento è a Sana Cheema, la giovane di origini pakistane, cittadina italiana con residenza a Brescia, uccisa in patria dai parenti perché avrebbe rifiutato le nozze combinate. Il padre e il fratello di Sana sono stati assolti in Pakistan mentre a ottobre è prevista l’udienza preliminare davanti al Gup di Brescia.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato