I due fronti opposti nel referendum sull'acqua del 18 novembre
Due visioni contrapposte: da una parte c’è chi vuole solo gestori pubblici per i servizi idrici; dall’altra c’è invece chi è favorevole alla partecipazione dei privati.
In mezzo c’è un referendum che il 18 novembre dovrà decidere se la Provincia potrà mettere a gara il 49% di Acque Bresciane, la società che gestisce il servizio idrico in 88 paesi della provincia e che nel giro dei prossimi anni prenderà in carico anche quelli attualmente nelle mani di A2A Ciclo idrico (74) e di Azienda servizi della Valtrompia (15), nonché quelli in cui il servizio è gestito in economia direttamente dai Comuni (28).
Domenica saranno circa 970 mila i bresciani chiamati alle urne dalle 8 alle 22. Per votare nel seggio indicato sulla propria tessera elettorale serve solo un documento di riconoscimento. Per i promotori del referendum, che spingono per il sì alla gestione esclusivamente pubblica dell’acqua, c’è la consapevolezza del fatto che la partecipazione rischia di essere bassa. Una soglia considerata accettabile è quella di un terzo degli elettori. Il voto ha un valore consultivo, non vincolante: il Broletto, in ogni caso, è chiamato a tenere conto dell’esito.
I sostenitori del sì sono convinti che solo il pubblico possa fare gli interessi dei cittadini, mentre chi vota no non vuole precludere l’ingresso nella gestione di aziende come A2A, ritenute in grado di fare il miliardo e mezzo di investimenti ritenuti necessari da qui al 2045, quando scadrà la concessione del servizio ad Acque Bresciane. Investimenti che serviranno a superare le 32 procedure di infrazione europee dei nei confronti di una cinquantina di comuni non in regola col servizio idrico, a partire da problemi come la depurazione delle acque.
Al di là dell’esito del referendum, ci sono comunque altre questioni a monte, come spiega Carmine Trecroci dell’Università degli Studi di Brescia: si tratta del grado di indipendenza dell’Aato (l’autorità che monitora a livello locale chi ha in mano il ciclo idrico), un organismo nominato dalla politica. «Il consiglio di amministrazione viene nominato sostanzialmente dal Consiglio provinciale e ci sono dubbi sull’indipendenza di parte dei suoi membri che hanno avuto rapporti con società di gestione dei servizi idrici», dice Trecroci. Senza contare un paradosso: Acque Bresciane raggruppa aziende partecipate dai Comuni come Aob2, Sirmione Servizi e Garda Uno e di fatto è controllata a livello locale da un ente, l'Aato, nominato dalla Provincia che, a sua volta, è espressione diretta dei Comuni. Vi sembra ingarbugliato? Di fatto lo è. E torna la solita domanda: chi controlla i controllori? Infine, secondo Trecroci, il contratto di servizio di AB, di validità trentennale, irrigidisce il sistema e rende più difficili interventi in caso di irregolarità.
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