I bresciani di Londra alle prese col «royal baby»

Sono bresciani ma vivono nella capitale britannica: ecco come hanno vissuto l'evento dell'anno.
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Bresciani di Londra. Chiamateli così, se vi pare. Nati sotto il segno della Leonessa, sono emigrati in terra d’Albione e ora abitano la capitale. Quella del Big Ben, di Hyde Park e - sì - di Buckingham Palace e della Lindo Wing. Massì. Quella specie di reggia ospedaliera nella quale, fra regali spinte e principeschi sospiri, lunedì è nato il «royal baby». Il cocco d’Inghilterra ancora senza nome ha mobilitato i media di parte del globo e suscitato l’entusiasmo di mezza nazione. E loro, i brescialondinesi, si sono trovati nel bel mezzo della bagarre. O no?
 
Sarà questione di «quartieri», generazioni e professioni. Sarà che ascoltando i loro racconti sembra che questa cicogna di sangue blu abbia seguito un tragitto discontinuo per arrivare al cuore della città. E che l'evento sia stato sentito da molti, ma non da tutti. E che i più agguerriti non siano stati i monarchici della prima ora, ma schiere di media scatenate.
 
Simone sta a Londra da 3 anni. Abita a Limehouse, nella zona 2 East, e di professione è «technincal director per una post production house in Soho». Il suo approccio al bebè è stato piuttosto distaccato. «Per come l’ho vissuta io, ieri sera sulla Bbc mi sono visto il servizio di 4 minuti sul nascituro. Una zuppa (per dirla con un eufemismo) tremenda. Ma ho scoperto una cosa che non sapevo: secondo una recente riforma della legge la successione al trono è indipendente dal sesso dell’erede. È interessante: nel 2013 non c’è più discriminazione sessuale regale. Almeno nel Regno Unito».
 
E per quanto riguarda il clima generale... «Non ho visto grandi feste per  strada. Non come per il matrimonio di William e Kate, quando gli studenti andavano in giro con le loro maschere!».
 
«Qualche strombazzata di clacson, ma nessuna festa popolare» è anche l’opinione di Giulia. Lei vive a Londra da due anni, e lavora come shop assistant nel negozio di Paul Smith in Covent Garden. Casa sua è nella zona dell’Arsenal Stadium. «Anyway  - racconta divertita - la cosa divertente è che i cinesi chiedono già i souvenir. 
 
A colpire invece  Ettore - che da una decina d’anni abita dalle parti di Windsor e lavora per una società inglese - è stata soprattutto la catalizzazione mediatica. «Per una settimana le radio non hanno parlato d’altro. C’è stata una mobilitazione massiccia e tutti gli altri argomenti sono stati quasi completamente oscurati per dare spazio alla nascita del royal baby».
 
Ilaria Rossi
 

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