I bresciani a Kiev tra rabbia e paura

Solidarietà con chi protesta dai nostri concittadini a Kiev e dagli ucraini residenti in provincia
Continuano gli scontri a Kiev
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Rabbia e paura sono i sentimenti che uniscono in queste ore i cuori dei bresciani di Kiev e degli ucraini residenti nella nostra provincia. Unanime il coro: «Ianukovich deve andarsene». È pronto a scendere in piazza per una causa che sente sua Angelo Zini, imprenditore residente in Ucraina dal 1996. «Sono stato più volte in piazza Maidan e l'atmosfera era pacifica- spiega -, i disumani blitz compiuti il 18 febbraio dai ’berkut’ (poliziotti antisommossa) hanno condotto il paese sull'orlo della guerra civile. Sono un ex paracadutista e tornerò in piazza per combattere, sempre che i ’berkut’ non mi fermino prima a uno dei tanti posti di blocco con cui blindano la città». A Kiev da soli trenta giorni (due di questi passati in piazza Maidan), la 22enne Anna Bertazzoli si è chiusa in casa dopo gli scontri del 18 febbraio.

«Mi trovavo in centro e la piazza era tranquilla come sempre - racconta -, dopo i primi colpi di arma da fuoco la metropolitana è stata chiusa e la città è piombata nel caos. Tornare a casa era impossibile e dopo ore di cammino abbiamo raggiunto la casa di un amico». E aggiunge: «Qui tutti odiano il governo corrotto di Ianukovich, con una sua uscita di scena la situazione si calmerà».

Nata a Leopoli e residente a Brescia dal 2007, Irina Dmyterko ha già vissuto la Rivoluzione Arancione. «Il popolo ucraino - spiega - non sta combattendo per entrare in Unione Europea ma per rovesciare il regime di Ianukovich e liberarsi della soffocante influenza russa e della dilagante corruzione». Si schiera contro Ianukovich ma non crede agli obiettivi della piazza Elena Tretyak, proveniente da Kiev e in Italia dal 2001. «L'attuale presidente è un dittatore ma questo conflitto fratricida non porterà a nulla - spiega - se l'Ucraina entrerà nell'Ue diventerà ancora più povera, rimanere legati alla Russia è l'unica soluzione».

 

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