«Ho accudito Francesco come avrei fatto con mio nonno»
Prosegue la pubblicazione delle testimonianze di «Cuori in prima linea», l'iniziativa promossa da Giornale di Brescia e IntesaSanPaolo: abbonamenti trimestrali gratuiti al GdB in versione Digital e la possibilità riservata sempre al personale sanitario che ha affrontato la pandemia in tutta la sua durezza - professionale e psicologica - di raccontare le storie vissute durante la pandemia per farne un prezioso patrimonio di testimonianze da preservare.
Le storie possono essere inviate all'indirizzo email cuorinprimalinea@giornaledibrescia.it.
Di quei giorni in un reparto Covid, ricordo solo il buio. Come se avessi lavorato solo di notte. Eppure so bene che non è così. Fuori c’era un bel sole. Un sole caldo di marzo, giornate terse, ma nel ricordo solo il buio, quello di un tunnel di cui non si intravedeva la fine. Arrivo al lavoro in un pomeriggio qualunque. Il mio reparto è stato chiuso, ci sono i pazienti da trasferire o dimettere in tutta fretta perché la bestia sta arrivando anche da noi. La Cina non è più una realtà lontana, da oggi la Cina siamo noi. Vengo avvisata che mi hanno trasferita in un altro reparto. Covid? Non Covid ? Chi lo sa. Sarò in grado? È vero, siamo infermieri ma non tuttologi e trovarsi in una realtà diversa senza sapere cosa fare o dove mettere mano per trovare i materiali che ci servono è difficile sia materialmente che psicologicamente. Ma siamo in guerra, ci si fa coraggio e si combatte. Non nascondo che è stata dura più di quanto non voglia ammettere a me stessa e me ne accorgo dal fatto che non riesco a parlarne o scriverne senza piangere. È una ferita ancora aperta. Ricordo il terrore la prima volta che mi sono «vestita», il rumore continuo dei ventilatori, gli allarmi dei monitor, dei saturimetri, delle pompe di infusione.
Cristina Sereni - Infermiera all'Ospedale Civile di Brescia
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