Grande Nevicata: scatti e pensieri dal 1985

Il viaggio-Odissea, le risate, i disagi e auto che restarono bloccate per giorni e giorni. Ecco le foto e i ricordi dei lettori
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In redazione stanno arrivando moltissime foto e tanti ricordi, scritti - spesso di getto - aprendo il cassetto dei ricordi più cari. Parliamo della Grande Nevicata del 1985. Questa è la «terza puntata» (qui la prima, qui la seconda) dedicata al materiale che ci avete mandato. Vi ricordiamo i contatti: Whatsapp (3895424471), Facebook, e posta elettronica (gdbweb@giornaledibrescia.it). Nella fotogallery anche una chicca: scatti del direttore sportivo della squadra di pallanuoto di Brescia Piero Borelli che spala il tetto della piscina di via Lamarmora coperto di neve. 
 
 
Avevo 8 anni e abitavo in centro, ricordo le giornate passate a giocare con gli amici in piazza Duomo: sembrava un paesaggio montano, veramente una quantità enorme di neve.
 
Ero un cardiologo dell’Unita Coronarica del Civile (allora l’unica della città...). Non potevo assentarmi dal lavoro per nessun motivo. Ho tenuto duro con la macchina per tre giorni (dal lunedì al mercoledì) trasportando anche altri colleghi dell’ospedale che avevano le auto bloccate... La sera di mercoledì (c’era tra l’altro la Supercoppa europea tra Juve e Liverpool, 5 mesi prima della tragedia dell’Heisel) in fondo a via Cremona a 100 metri da casa salta una catena e la macchina si blocca in un incrocio tra la neve alta più di mezzo metro. Ricordo gli sforzi con i passanti per farla da parte, mia moglie incinta di 6 mesi; la mattina dopo era sepolta da un metro e mezzo di neve accumulata dagli spazzaneve sui lati della strada. Sono riuscito a liberarla solo tre giorni dopo. In Ospedale a piedi, con i moonboot dalla Volta al Civile. La 500 in cortile è stata liberata solo la settimana dopo. 
 
Buongiorno mi chiamo Marianna e sono di Berlingo. Avevo dodici anni in quel gennaio del 1985. Frequentavo la seconda media a Travagliato. Ricordo bene tutto quel candore e tutto quel bianco che per me voleva dire semplicemente gioco e scuole chiuse. Non pensavo certo ai gravi disagi dei grandi. Non passavano i pullman, le automobili per le strade: solo persone a piedi. Non c’erano così tanti mezzi di comunicazione e pochi di noi avevano il telefono fisso. Per sapere che le scuole erano chiuse si andava da un compagno che aveva la tv e poi si faceva il passaparola. Che bei ricordi. Tutti aiutavano tutti per sgombrare il proprio cortile. Noi ragazzi ci divertivamo con gli sci o slittini improvvisati. Quando poi tornammo a scuola ricordo bene che la nostra professoressa di italiano ci fece fare un tema. Iltitolo: la grande nevicata. Non posso immaginare cosa succederebbe oggi con così tanta neve. Ho raccontato e mostrato il giornale ai miei figli in questi giorni. Ricordi meravigliosi.
 
Avevo da pochi giorni compiuto 5 anni, la mattina dell’annuncio radiofonico della chiusura delle scuole mi vestii più in fretta possibile e schizzai come un proiettile giù per le scale dell’appartamento inseguito da mia sorella. Non avevo idea di quello che avrei trovato dietro la porta di ingresso: un muro di neve più alto di me! Un metro di puro divertimento, che giornata.
 
Per la verità la nevicata è iniziata la mattina alle 6.30 del giorno 8, tornavo a casa dall’ospedale di Chiari dove mia moglie aveva partorito il nostro primogenito, verso sera ha smesso ma ha creato un ottimo fondo per la grande nevicata dei giorni successivi. Andavo tutte le sere in ospedale e per percorrere 11 kilometri impiegavo circa due ore ed ero solo in strada. Il giorno 16 sono stati dimessi e siamo andati a casa, ma senza energia elettrica e riscaldamento perché la nevicata aveva fatto cadere due pali dell’Enel. Ci scaldavamo facendo bollire la neve per creare un po’ di tepore. Giovanissimi, soli e senza nessuno che venisse a darti una mano, era impossibile muoversi. Grande esperienza, in pochissimo siamo diventati provetti genitori senza «fai cosi, no fai cosi». Indimenticabile... e, a pensarci adesso, commovente.
 
Ai ricordi comuni di chi ha già scritto aggiungo questo: quasi alla fine dell’emergenza la città sta tornando alla normalità. Diciassette anni, sono in camera mia e mia madre mi urla di scendere in strada. Lo spazzaneve sta cominciando a liberare il piazzale di fronte a casa. Peccato che la macchina di mia madre, abbandonata ai primi fiocchi, sia così completamente coperta di neve da non essere distinguibile. Raggiungo l’operatore e gli dico di stare attento perché certamente c’è una macchina anche se incredibilmente non si vede: cominciano a sondare con le pale e oltre a quella di mia madre ne «trovano» altre due.
 
Ricordo benissimo ogni istante di quella sera di lunedì, avevo 18 anni, frequentavo l’Istituto Minerva in città corso serale. Partita da Nuvolento in autobus con tantissima neve soffice che scendeva, fiocchi giganti, piazza Arnaldo ormai trasformata con questo manto nevoso incantato. Arrivata in classe, iniziata la lezione delle 19 e dalle finestre dell’aula si osservava la neve, non cessava di scendere. Partenza poi da Brescia in macchina in tarda serata dopo le 21, con due compagni di classe. Auto 127 Fiat color amaranto munita di catene per l’occasione, direzione Rezzato e poi Nuvolento. Lasciato corso Martiri della Libertà, direzione via XX Settembre, ci accorgiamo di aver forato una gomma. Proprio quella su cui è montata la catena da neve. Tra una risata e l’altra il tempo passa, andatura passo d’uomo e tanta, tantissima neve. Ci fermiamo all’altezza di piazza Cremona vicino alle vetrine di «Santi Abbigliamento» per il cambio della ruota. È stata una grande impresa. Accostare l’auto sul ciglio della strada ormai coperto da tantissima neve, sgombrare la neve per montare il cric che scivolava in continuazione tenendolo fermo con un piede ormai raffreddato. Quando finalmente riusciamo ad alzare l’auto per il cambio della ruota, tolta finalmente la gomma fra una risata e l’altra, il piede si sposta ed il cric scivola e l’auto ricasca a terra senza la ruota. Era stata tolta per il cambio:<EN>una tragedia! Sdrammatizzata da risate e battute divertentissime. Si riparte tentando di inserire nuovamente il cric per alzare l’auto e montare la gomma «sana». Dopo tanta fatica ruota montata. Ora l’ultimo passaggio: montare la catena è stata una grande impresa. Indimenticabile. Poi il rientro a casa verso le due di notte. I genitori preoccupati, non esistevano i cellulari per comunicare il nostro ritardo. Comunque ho un bellissimo ricordo, è stata una serata divertentissima tra fatica e risate, indimenticabile serata che a distanza di 30 anni ricordo come fosse ieri. E la neve continuava a scendere ininterrottamente. 
 
La grande nevicata.... che bei ricordi! Avevo 17 anni e lavoravo in viale Italia all’allora deposito delle farmacie. Partivo a piedi dal Violino alle 6 e già su via Vallecamonica incontravo persone che andavano al lavoro. Si camminava e si chiacchierava con persone mai viste prima e sul ponte Mella si staccava il gruppetto che si dirigeva verso l’Iveco, in tangenziale. Io con molti altri proseguivo in via Milano (in mezzo alla strada per pericolo caduta cornicioni o neve dai tetti). In pausa pranzo andavo da mia zia alla trattoria Cavallino in corso Garibaldi e c’era parecchia gente con gli sci che passava in via Ugoni.
Un pomeriggio, uscendo dal lavoro, vedo arrivare una croce bianca con le sirene spiegate diretta al Civile. C’è un pullman fermo in panne e l’autista dell’ambulanza si butta sulla corsia opposta restando letteralmente incastrato nella neve accumulata dallo spazzaneve al centro della strada. Ebbene, in un attimo almeno 15 persone (me compresa) ci siamo dati da fare e in attimo siamo riusciti a spingerla fuori dalla neve. Sono state 2 settimane con un po’ di disagio ma comunque penso si sia riscoperto il piacere di collaborare, di aiutare quelli più in difficoltà, di aggregarsi a persone mai viste per fare un pezzo di strada parlando di tutto. Tutte cose che andrebbero un po’ riscoperte!
 
I miei ricordi della Grande Nevicata. Tutte queste fotografie (contribuiscono a comporre la fotogallery, ndr) sono in ricordo di chi le ha scattate: mio papà Franco Maffeis, che purtroppo non c’è più... 
 
Avevo 10 anni, ricordo le Elementari Rinaldini chiuse per tanti giorni e noi in quelle inaspettate vacanze sempre in giro a giocare con la neve: fantastico! In quegli anni giocavo a calcio nella mitica Leonessa, allenamenti fermi per almeno 2 settimane, al rientro il campo era circondato da montagne di neve e noi anziché a palla giocavamo a palle di neve!

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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