Gli affari vanno bene ma l’edicola deve chiudere

Per un vizio burocratico niente gara per rinnovare la concessione del chiosco di Marina Lorandi
Corso Cavour. Ieri ultimo giorno di apertura per l’edicola, il chiosco non era accatastato correttamente e quindi non è stato messo a bando
Corso Cavour. Ieri ultimo giorno di apertura per l’edicola, il chiosco non era accatastato correttamente e quindi non è stato messo a bando
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Oggi, per la prima volta dopo vent’anni, Marina Lorandi comprerà un giornale. E non perché in tutto questo tempo non abbia letto i quotidiani. Ma per il semplice fatto che li ha sempre venduti. Fino ad oggi, appunto.

L’edicola di Corso Cavour, posta di fronte alla ex sede della banca Unicredit al civico 4, chiude i battenti. «Non è certo una mia scelta - sottolinea la titolare, che gestisce l’attività da due decenni -, perché gli affari nel mio piccolo vanno bene». Effetto Bolkestein. La collocazione del chiosco è effettivamente buona e da tempo questo esercizio è un punto di riferimento della zona, già da quarant’anni, quando si trovava in corrispondenza del civico 17 più vicino all’ex tribunale.

«Sono stata costretta a chiudere a causa della direttiva Bolkestein - racconta Lorandi -. Essendo la mia edicola accatastata al numero 17 non mi è stata data la possibilità di ottenere un nuova concessione, rinnovabile solo tramite bando come previsto dalla norma».

La «direttiva Bolkestein» è la legge europea che tanto ha destato le ire di ambulanti così come di chiunque gestisca un’attività su suolo pubblico (le edicole appunto), pensata per «liberalizzare» il mercato dei servizi e sancire la parità di imprese e professionisti europei nell’accesso alle concessioni comunitarie.

«Il punto è che, se qualcuno mi avesse avvertito, non avrei avuto problemi ad accatastare diversamente la mia edicola - sottolinea amaramente la donna -. Invece il Comune mi ha imposto di andarmene nonostante una carta in mio possesso, firmata proprio dal primo cittadino di vent’anni fa, accerti che questo è l’unico posto in cui in Corso Cavour può sorgere un rivenditore di giornali e riviste. Ora invece mi cacciano, senza che nemmeno mi sia stata mandata una comunicazione ufficiale visto che sono venuta a saperlo dal sindacato».

La mappa. Un caso quello di Marina Lorandi che non è però isolato. «Parlando con i miei colleghi ho scoperto che sono diversi quelli che si trovano nella mia stessa situazione - conferma -, sette se non ricordo male». Tra queste edicole figurano anche quella posta sotto i portici di Corso Zanardelli e l’esercizio all’imbocco di piazzale Arnaldo, là dove più di quarant’anni fa scoppiò la bomba. Una fine dolorosa per chi da anni esercita un’attività «che svolge anche un importante servizio pubblico - sottolinea con asprezza Lorandi -. Un giorno ci trattano con rispetto, quello dopo non hanno problemi a sostituirci con un parcheggio, una fioriera o delle panchine».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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