Galeotto fu l'annuncio sul GdB, il negozio del barbiere Nino ha 50 anni
Cinquant’anni esatti fa, un ragazzo di 23 anni arriva in stazione a Brescia. Città nuova, sconosciuta, ma nella sua testa un’autentica scommessa. «Avvolta in una nebbia incredibile vista dagli occhi di un calabrese», ci confida. Antonino Barone - per gli amici Nino - ancora non lo sa, ma un domino di coincidenze sta per farlo restare all’ombra del Cidneo per sempre. «Appena sceso dal treno ho chiesto all’edicola della stazione il quotidiano locale: su quella copia del Giornale di Brescia c’era l’annuncio di lavoro che mi ha cambiato la vita». Recitava più o meno così: «Cercansi lavorante barbiere in via Aurelio Saffi 2: presentarsi di persona, non abbiamo il telefono». Detto, fatto. Dopo aver trovato la strada con l’aiuto di un vigile urbano, quello stesso pomeriggio Nino fa un taglio capelli di prova, con la valigia ancora da disfare in un angolo. Assunto. E da quel giorno, la bottega piccola e intima da due postazioni diventerà la sua seconda casa.
Mai cambiato negozio
«Nel giro di pochi mesi ho rilevato l’attività dall’ex proprietario e sono sempre rimasto qui». Mai cambiato indirizzo? «Non mi è neanche mai venuto in mente, qui si sta un gran bene». La sua attività soffia quest’anno su 50 candeline, ma il negozio di barbiere esiste fin dal 1959, come testimonia l’insegna originale che luccica intatta sotto ai portici ai piedi del cavalcavia Kennedy, tra un locale sfitto e un bar gestito da una famiglia cinese. «Il negozio è nato insieme al condominio e non ha mai abbassato la saracinesca, se non per le mie vacanze».
Attraverso la vetrina, schermata da una discreta tenda veneziana, Barone ha visto il quartiere crescere e cambiare insieme a lui. «Tantissimi negozi hanno aperto e poi chiuso, ma ci sono tre inossidabili in questo isolato: Alloni Fiori, il calzolaio e io». Lo raccontano anche i cimeli su una mensola, in contrasto con le forbici nuove e le pomate dalle etichette moderne: sono uno spruzzatore in vetro per colonia, di quelli alla vecchia maniera con la pompetta, macchinette vintage per la barba e uno strano aggeggio per affilare i rasoi.
Progetti per il futuro
E domani? A 73 anni non è stanco di lavorare? «Non mi pesa, anzi mi piace. Vengo a piedi o in bicicletta, incontro gente, faccio due parole. E lascio in pace mia moglie (ride ndr). Se però bussasse alla mia porta un bravo ragazzo, che apprezza le piccole cose e ha a cuore il lavoro, sarei felice di rappresentare per lui il colpo di fortuna che ebbi io, ormai mezzo secolo fa». Nino sorride e mentre accarezza la pelle liscia delle sue poltrone reclinabili, originali degli anni ’70 e ritappezzate solo una volta, si commuove un po’.
Quanti uomini hanno affidato alle sue mani barba e capelli? «Non saprei contarli, credo migliaia. Alcuni sono invecchiati con me, sono miei clienti dall’inizio, altri mi hanno portato i loro figli». Una clientela di nicchia, complice anche la zona: avvocati, ingegneri, imprenditori, giornalisti. «C’era un importante imprenditore che quando si arrabbiava in azienda veniva a farsi fare lo shampoo. Diceva che era l’unico modo per calmarsi, capitava venisse anche tre volte in una settimana». Qual è il segreto? «L’accoglienza, capire chi hai davanti, intuire se vuole sfogarsi o stare in silenzio. Si diventa complici, si crea una grande confidenza, si parla di tutto. E si diventa anche amici».
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