Gabriele: «Senza canne non potrei lavorare»

Il nome è di fantasia, ma non l'età. Gabriele ha 18 anni e da tempo ormai non può fare a meno di drogarsi per vivere
BRESCIA. NESSUN ALLARME BABY GANG
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Gabriele (il nome è di fantasia) ha 18 anni, è finito nel circuito penale per aver rubato il cellulare e il giubbino a un ragazzo, si droga ed è «fiero di farlo». Senza essersi fumato la canna rituale prima di entrare nell’officina meccanica in cui lavora - dice - «non sarei in grado di rimontare la ruota sulla macchina, perché i problemi che mi porto da casa, dalla mia famiglia, oscurerebbero tutto il resto». Invece l’effetto della canna - sostiene - «fa svanire quel che non va e mi fa vedere tutto più chiaro».

Parole, le sue, pronunciate con una sicurezza disarmante, che colpiscono come fusi. Lui stesso, che proviene da un ambiente dove la droga e la prevaricazione dell’altro sono la norma, ha raccontato nel corso della trasmissione Messi a fuoco di come a Brescia le baby gang trascorrano le loro serate tra canne, coca, alcol, risse e, talvolta, qualche rapina. La sostanza più diffusa in assoluto è la marijuana di cui fa uso, mentre dice di aver solo sentito parlare della Purple Drank, un mix di Sprite e sciroppo per la tosse che sta prendendo piede anche in Italia.

Delle baby gang ne sa più di chiunque altro, perché ne ha fatto parte di persona: «ce n’è una che si riunisce a ogni fermata della metro, da San Polo passando per San Faustino, Marconi, che è la più rispettata, e Casazza - spiega -. Il sabato sera tutti i gruppi si riuniscono nel parco davanti al Libraccio: si sta lì, ognuno con il proprio gruppo, e se nasce una lite tra due persone la questione diventa in automatico anche dei gruppi di cui i singoli fanno parte». C’è una sorta di codice d’onore non scritto, ma rigidissimo, che chi fa parte di queste gang deve rispettare.

Quando c’è da azzuffarsi o da mettersi in qualche guaio il problema di uno è di tutto il gruppo, «anche se poi, quando hai bisogno tu personalmente, tutti ti voltano le spalle». Ciascuno deve far rispettare se stesso e la propria zona e più sono grandi le prove di forza che dai, come ad esempio rapinare e rubare bracciali e collane d’oro e rivenderli in nero, più sali la gerarchia e puoi dare ordini agli altri. Anche Gabriele una volta era al comando, «ma poi mi sono stancato, perché a me alcune cose, tipo picchiare un ragazzino, non andava di farle».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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