Fumo elettronico, c'è il divieto su bus e metrò
Seduto a pochi metri di distanza, indossa la tuta con il borsone fra i piedi che dice sono appena uscito dalla palestra assieme ai capelli ancora bagnati. In bocca, quella sorta di stilografica più grande chiamata e-sigaretta. Si accende la lucina, il vapore si diffonde. E lui ti guarda con lo sguardo «io posso farlo e tu no» perché il fumo elettronico non è vietato, mentre le vecchie bionde malefiche sì.
Ma il ragazzo che svapava (è terribile, ma questo è il verbo) un mesetto fa sul pulmino non sapeva che di lì a poco Brescia Trasporti avrebbe vietato il fumo 2.0 sui bus e sul metrò, dopo le delucidazioni richieste dai dipendenti. La circolare firmata dal direttore Claudio Garatti è del 15 aprile: «In attesa di chiarimenti da parte di Enti e Strutture abilitati circa l'uso delle sigarette elettroniche, si stabilisce che ne è vietato l'utilizzo nei luoghi di lavoro, parimenti alle sigarette tradizionali». Luoghi di lavoro, compresi «autobus e treni della metropolitana».
Ed è quel «in attesa di chiarimenti» a lasciare intendere i riflessi del dibattito aperto sulla nocività dei nuovi gadget vaporosi. Ad inizio mese il ministro della Sanità Balduzzi ha innalzato il divieto di vendita dai 16 ai 18 anni per precauzione, considerando gli effetti negativi della nicotina (anche se le cartucce non sempre la contengono) ed equiparando di fatto le sigarette tradizionali a quelle elettroniche. Come avviene ora sui mezzi cittadini.
Non c'è una norma generale che dica quando e dove si può aspirare dalle stilo, ma l'anno scorso l'Oms ha avvertito: «Occorrono studi per verificare la sicurezza di questi prodotti, e - riporta Focus - ricerche che valutino le dichiarazioni delle aziende, in base alle quali i sistemi che somministrano nicotina elettronicamente possono aiutare i fumatori a smettere».
Nel dubbio, ci si arrangia con provvedimenti singoli. Come in provincia di Como, a Lomazzo, dove il sindaco leghista Gianni Rusconi è diventato famoso per essere stato il primo ad estendere il divieto di fumo negli uffici pubblici, scuole comprese, anche alle e-sigarette. Era il 19 gennaio, passano due mesi e mezzo e il sindaco di San Benedetto del Tronto firma un'ordinanza simile per bar e ristoranti. Poi c'è Trenord, l'azienda regionale dei trasporti ferroviari, che vieta assolutamente di svapare, pena una minacciosa multa da 7 euro. Alle cronache è balzato anche lo stop di Trenitalia e Alitalia al fumo elettronico.
Provvedimenti, questi, che non impediscono il proliferare delle stilo tra chi vuole smettere o tra chi vuole fumare (quasi) «ovunque», come dicono le pubblicità. L'Anafe, Associazione nazionale fumo elettronico, sostiene che nel 2012 le e-sigarette abbiano portato un fatturato di circa 350 milioni di euro con circa 1.500 negozi aperti e l'impiego di circa 4.000 persone.
Mercoledì è stato tra l'altro cassato l'emendamento al decreto debiti P.a. con cui Alberto Giorgetti (Pdl) puntava ad introdurre un'accisa sui prodotti contenenti nicotina, come le sigarette elettroniche. Proprio l'Anafe aveva preso posizione contro il provvedimento giudicandolo «un massacro».
Aspetti fiscali a parte, il fenomeno dilaga rapidamente, anche all'estero, ma gli studi sulla salute sono più lenti. Stavolta, però, c'è il precedente delle sigarette tradizionali. Aiuterà a far sì che vengano valutati con cura i rischi, magari in tempi brevi?
Intanto si accumulano anche i testimonial del fumo 2.0. Negli Usa Courtney Love è passata dalla rabbia del grunge al vapore alla nicotina. In Italia, tra gli altri, sono stati assoldati Emanuele Filiberto di Savoia e Giorgio Mastrota.
Emanuele Galesi
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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