Frode da 8 milioni di euro: sequestri anche nel Bresciano

Sequestri anche nel Bresciano per un'indagine della Guardia di finanza di Bergamo che ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di una donna di 43 anni, titolare di uno studio professionale a Romano di Lombardia e a Bergamo, finita agli arresti domiciliari con l'accusa di aver ideato, insieme al marito (già in carcere per lo stesso motivo), una frode fiscale quantificata in circa 8 milioni di euro.
I provvedimenti, firmati dal gip Federica Gaudino, su richiesta del pm Antonio Pansa, giungono all'epilogo di un'articolata indagine condotta dal nucleo di polizia economico finanziaria di Bergamo nel corso della quale sono statidenunciati, a vario titolo, per omessa presentazione della dichiarazione, indebite compensazioni d'imposta e bancarotta 17
soggetti, tra professionisti e rappresentanti legali di imprese.
Una frode fiscale basata su accolli di debiti e cessioni di crediti che ha visto coinvolte, allo stato, 49 tra società e persone fisiche, con sede nelle provincie di Bergamo, Milano, Brescia, Cremona, Venezia, Vicenza, Roma, Napoli e Catania, nei confronti delle quali sono scattati i sequestri dei conti fino alla concorrenza di circa 8 milioni di euro.
Le indagini sui coniugi, titolari di un avviato studio di elaborazione dati e già arrestati in passato per reati tributari, come osserva il gip nel provvedimento di arresto, hanno continuato a porre in essere la medesima attività illecita, servendosi di prestanome compiacenti, a cui hanno intestato formalmente il loro studio. Attraverso ispezioni contabili, indagini bancarie e la raccolta di diverse testimonianze, i militari hanno ricostruito il presunto meccanismo evasivo basato sulla creazione, in capo ad una società riconducibile ai due principali indagati - dichiarata fallita dal tribunale di Bergamo dietro richiesta del pm - di un ingente e fittizio credito Iva, generato tramite l'annotazione di false fatture.
Successivamente, anche grazie all'intermediazione di due professionisti operanti sulle piazze di Bergamo e Milano, il finto credito è stato ceduto, mediante specifici contratti, a diverse imprese e persone fisiche che lo hanno utilizzato per compensare a loro volta imposte a debito. In altri casi, sono stati direttamente gli indagati ad accollarsi il debito tributario dei clienti, dietro corrispettivo, per poi compensarlo con i crediti fasulli.
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