Freddo, bagni ko e scale da incubo: benvenuti all'Inail

Dove si tutela la salute dei lavoratori, i dipendenti non si sentono tutelati. Col riscaldamento rotto, ci si arrangia con le stufette
INAIL, SEDE DA INCUBO
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Risponde al telefono con tono cortese e distaccato, «Ispettorato del lavoro, buongiorno», e intanto tiene la stufetta elettrica puntata sui piedi, per scaldarli. Il termoconvettore a fianco della sua scrivania è rotto da tempo, non sa nemmeno lei da quando, così si arrangia come può, sperando che Burian e soci non si facciano più vedere. «Ma non è che d’estate si stia meglio - commenta -. L’aerazione non funziona e con tutte queste finestre esposte al sole si muore di caldo».

Benvenuti all’Inail, il palazzo di via Cefalonia in cui lavora chi deve tutelare la salute dei lavoratori. Da fuori la struttura è anche suggestiva, volendo, ricorda un alveare di cemento armato, tutto spigoli e geometrie ardite, ma da dentro mostra il peso degli anni. Al punto che le persone che ci lavorano sostengono che la loro salute non sia tutelata. Un bel paradosso.

 

Uno dei termoconvettori rotti negli uffici dell'Inail © www.giornaledibrescia.it
Uno dei termoconvettori rotti negli uffici dell'Inail © www.giornaledibrescia.it

 

«Ci sono colleghi a casa con l’influenza, alla lunga lavorare senza riscaldamento diventa insopportabile», racconta Giuseppe Mongelli, delegato sindacale della Cgil. La sede bresciana dell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro è disposta su tre piani: il problema riguarda alcuni uffici, corridoi dove gli utenti restano in attesa del proprio turno, nonché i pianerottoli. Ogni parte è riscaldata, o almeno dovrebbe, con i termoconvettori che d’estate servono a garantire il raffrescamento dell’aria. L’impianto, però, «è vecchio e inadeguato», racconta Mongelli.

 

Tra i corridoi dell'Inail © www.giornaledibrescia.it
Tra i corridoi dell'Inail © www.giornaledibrescia.it

 

Camminando per i corridoi ci si ritrova in un’atmosfera da Prima Repubblica, in quell’Italia immutabile dai corridoi anonimi, con la bandiera tricolore all’ingresso e la palmetta nei pressi, assieme al timbra cartellini. Poco distante l’utente può leggere l’avviso «i servizi igienici sono momentaneamente fuori uso» e le relative indicazioni per trovare quelli che funzionano. Già, i bagni. Che siano per i dipendenti o per il pubblico, la sostanza non cambia. Ne troviamo uno in cui la tavoletta sarebbe dovuta andare in pensione anni fa, ma ancora resiste.

 

Uno dei bagni dell'Inail © www.giornaledibrescia.it
Uno dei bagni dell'Inail © www.giornaledibrescia.it

 

«La verità è che qui si fa poca manutenzione - racconta un funzionario -. Questo è un ufficio territoriale, ogni spesa va concordata con Roma. L’anno scorso, per dire, c’erano 2.500 euro di budget per gli interventi strettamente necessari».

Si capisce bene, dunque, il perché di quella porta scardinata e appoggiata all’ingresso di un ufficio ormai inutilizzato. La superiamo mentre ci dirigiamo verso l’uscita di sicurezza dell’ottavo piano, l’ultimo. La prima cosa che incontriamo sulla scala è un piccione morto, ormai ridotto a un ammasso di ossi e piume.

 

Un piccione morto sul pianerottolo delle scale di sicurezza dell'Inail © www.giornaledibrescia.it
Un piccione morto sul pianerottolo delle scale di sicurezza dell'Inail © www.giornaledibrescia.it

 

I gradini di metallo sono ricoperti di escrementi di altri volatili più in salute, per il momento tenuti fuori dal palazzo. Per evitare che rientrino, una finestra è stata assicurata con lo scotch, un’installazione comprensiva di rotolo penzolante. Scendiamo fino al pian terreno e risaliamo dall’altra scala di sicurezza, messa in posizione più centrale rispetto all’edificio.

«Se guarda la piantina vede che sono collocate troppo vicine. C’è un’ala del palazzo, insomma, che in caso di pericolo rischia di non avere una via di fuga», conclude Mongelli. Però siamo all’Inail, cosa mai potrebbe accadere? «Niente, appunto, speriamo che non accada mai niente».

 

 

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