Franzè suicida in carcere, i suoi legali: «Una morte annunciata»
Roberto Franzè, 45enne pluripregiudicato di origini calabresi da una vita residente nel Bresciano, si è suicidato attorno alle 11 di mercoledì nel carcere di Ascoli Piceno dov’era detenuto da qualche tempo. Franzè si sarebbe impiccato, a stabilire la cause della sua morte sarà l'autopsia, disposta oggi.
A riferirlo sono i legali dell'uomo, finito di recente alla ribalta delle cronache per un’indagine congiunta di Gdf, Carabinieri e Polizia, non più tardi di un mese fa ha ricevuto proprio in cella la notifica dell’ultima ordinanza chiesta dal pm Paolo Savio e firmata dal gip Elena Stefana per usura, estorsione, rapina, sequestro di persona, lesioni, ricettazione, detenzione e porto abusivo di arma e abusiva attività finanziaria. Reati tutti aggravati dal metodo mafioso.
«È stato un suicidio annunciato da lettere quotidiane ai magistrati dei procedimenti nei quali era indagato. Due giorni fa - scrivono gli avvocati di Franzè, Giambattista Scalvi e Anna Marinelli del foro di Bergamo - il proposito suicidario era stato di nuovo comunicato da parte dei difensori alle istituzioni competenti. Franzè aveva comunicato di essere ridotto a 50 chilogrammi di peso, di vomitare ogni giorno oltre ad essere sofferente delle patologie psichiche documentate agli atti. Aveva detto di non farcela più e di non poter attendere la sciatteria degli enti pubblici nel ritrovare una comunità che potesse ospitarlo per le proprie patologie».
«Franzè - concludono gli avvocati Scalvi e Marinelli - aveva cercato di dimostrare la propria innocenza e aveva chiesto di poterlo fare da persona libera o con una misura cautelare che gli consentisse di stare con la propria moglie e la propria famiglia anche per le proprie gravi condizioni di salute. La sua morte richiede una profonda riflessione sulla gestione della custodia cautelare».
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