«Francesca rantolava, lui mi disse che non era grave»

«Appena entrati in casa abbiamo preso l’eroina e l’abbiamo divisa in due parti. Non ricordo chi è stato a farlo. La parte di Francesca è stata ulteriormente divisa in due. Lei ne ha fumata una nella stagnola. Quando sono tornato dal bagno, dopo essermi bucato, ha voluto iniettarsi l’altra nel braccio. L’ho portata di là e le ho spiegato come fare».
A raccontare agli inquirenti le ultime ore di Francesca Manfredi, la 24enne trovata senza vita la mattina del 23 agosto scorso nella vasca da bagno del suo appartamento in via Fornaci, fu lo stesso Micheal Paloschi, il 33enne in carcere da lunedì con l’accusa dell’omicidio preterintenzionale della giovane amica. Ricostruendo le 48 ore di sballo, secondo gli inquirenti, l’uomo cercò di allontanare da sé la responsabilità della morte di Francesca.
Agli agenti della Mobile, nelle ore immeditamente successive al decesso della 24enne, Paloschi disse di «averle spiegato come iniettarsi l’eroina e che lo sballo sarebbe stato più forte di quello provocato dal fumarla. Le ho consigliato di utilizzare il cavetto del cellulare come laccio emostatico, di aspettare che la vena divenisse più evidente, di inserire l’ago e arretrare lo stantuffo per essere certa di averla presa. E poi di iniettarsi la droga».A questa versione non hanno creduto né il pm Benedetta Callea, che ha chiesto il suo arresto, né il giudice delle indagini preliminari Francesca Grassani, che ha ordinato la sua custodia cautelare in carcere e gli arresti dei cinque spacciatori che direttamente o indirettamente fornirono la droga utilizzata da Francesca e da Paloschi nelle giornate del 20, 21 e 22 agosto scorsi.
A smentire questo racconto per il gip ci sono le parole della ragazza che era con i due quella notte e che non aveva ragioni di astio nei confronti dell’amico, ma anche l’autopsia sul corpo della 24enne. I medici legali stabilirono che Francesca Manfredi non aveva mai assunto eroina per via endovenosa prima di allora e che la precedente assunzione risaliva a sei mesi prima. Ma non solo. Francesca non era mancina e l’unico buco di siringa da insulina che le fu trovato era nella piega del gomito destro, in un punto inaccessibile ad una destrimane come lei.
A raccontare agli inquirenti quanto accadde nelle ore successive, fino al drammatico risveglio del 23, è stata invece la giovane che rifiutò l’eroina, ma passò comunque la notte con Francesca e Paloschi. La ragazza agli agenti della Mobile disse di essersi svegliata attorno alle 4. Di aver sentito l’amica rantolare e di aver verificato come stesse. Riferì di averla trovata nuda, sul divano, in posizione fetale, coperta solo parzialmente da un lenzuolo. Raccontò di averla toccata: «Era calda e il cuore batteva». Dichiarò anche di aver chiesto a Paloschi se non fosse il caso di chiamare i soccorsi, ma che lui gli rispose di non preoccuparsi, ché lui se n’era iniettata molta di più e non gli era successo nulla.
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